Sette secoli di santi pellegrini
I Giubilei hanno visto la partecipazione di una moltitudine di donne e di uomini poi saliti agli onori degli altari: dal francescano Andrea Conti a san Giovanni Bosco
Elisa e Marco Roncalli
«Ogni inizio di santità rassomiglia straordinariamente a una partenza per un pellegrinaggio, e la vita di ogni santo rassomiglia alla vita nuda e assorta del pellegrino in viaggio»: così il grande e indimenticato don Giuseppe De Luca. Anche per questo può essere utile sfogliare un ideale albo dei futuri santi e delle future sante nella città eterna lungo gli Anni del perdono. Pellegrini giunti da lontano o residenti nell’Urbe dov’erano dediti alla carità, mistiche e monache, cardinali e frati, fondatrici e fondatori di Ordini religiosi che possiamo immaginare accanto a quella moltitudine di santi che restano per noi, ma non per il Padre, senza nome e senza volto… Compagne e compagni di speranza, accomunati - per usare le parole di papa Francesco - dalla «libertà di andare guardando la luce». Questa nostra scelta sarà, per ragioni di spazio, molto limitata. L’elenco si potrebbe aprire con un beato francescano: Andrea Conti, morto nel 1302 in un eremo dove aveva vissuto per quarant’anni, vicino a Piglio, nell’Alta Ciociaria. Alcune fonti lo indicano come l’ispiratore del primo Giubileo: era infatti lo zio di Bonifacio VIII, irremovibile nel rifiutare la nomina a cardinale proposta dal nipote pontefice, ma pronto a suggerirgli l’indizione della “grande perdonanza” dettata dalla preoccupazione per la salvezza delle anime. Una pia tradizione? Forse. Ma alcuni storici parlano di deduzione «limpida e sicura», ricordando a proposito di quest’umile frate un’altra tradizione francescana: l’indulgenza plenaria della Porziuncola. Più sicure le informazioni circa Brigida di Svezia, vedova e mistica, oggi compatrona d’Europa, romea «per comando divino» secondo le sue Rivelazioni («Va a Roma dove le vie sono lastricate d’oro, e gli embrici sono di sangue di martiri, e da dove è più breve la via della salvazione»), che però, delusa sin dall’arrivo nell’Urbe nel 1350 («Ohimè, maestro Pietro, è questa Roma?»), scagliò presto le sue invettive contro l’immoralità dei romani, non risparmiando quanti nel clero e nella corte mercanteggiavano le indulgenze. Non erano tempi facili, come dimostra l’uccisione di Cola di Rienzo. E Brigida, nell’anno giubilare senza papa - Clemente VI da lei rimproverato stava ad Avignone - si ritirò nel monastero di Farfa, per ritornare poi nell’Urbe dove continuò a lanciare i suoi moniti. Prolungò il suo soggiorno interrompendolo solo per un nuovo pellegrinaggio a Gerusalemme. Tornata nella Città Eterna, rinunciando ai palazzi si ritirò in una cella trasformata in cappella dove visse sino alla morte nel 1373: nell’Anno Santo 1400 Bonifacio IX la elevò agli altari.
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