Romanico mediterraneo
Dalla Bibbia in avorio di Salerno agli amboni di Cava de’ Tirreni e Ravello
Stefano Zuffi
La colomba dello Spirito Santo plana ad ali aperte sull’orizzonte infinito di un mare increspato di placide onde; in cielo, due cerchi perfetti contengono un messaggio di perentoria immediatezza e di formidabile energia. Due semplici monosillabi, LUX e NOX, vergati con un lettering di impressionante modernità, scandiscono la separazione della luce dalle tenebre. Una colonnina tortile separa il riquadro dalla scena di destra, dove un giovane Dio Padre benedice gli angeli, inchinati nella proskunesis, il tipico atteggiamento di umile devozione del rituale imperiale bizantino. Dettaglio non secondario: le ali degli angeli sono identiche a quelle della mistica colomba dello Spirito Santo.
Inizia così, con una delle più emozionanti immagini della Creazione dell’intera storia dell’arte cristiana, la sequenza visiva delle cinquanta placchette d’avorio conservate nel Museo Diocesano allestito negli ambienti dell’ex seminario cinquecentesco di Salerno: un capolavoro assoluto dell’arte medievale, senza confronti al mondo per ricchezza e qualità. Il ciclo viene datato tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, in una importante fase storica. È l’epoca della conquista normanna, quando il re Roberto il Guiscardo pone a Salerno la sua corte e dà avvio alla costruzione del Duomo. Salerno, sede di una celebre scuola medica, vive una breve ma straordinaria epoca di splendore politico e culturale, sottomettendo anche la Repubblica Marinara di Amalfi. Proprio ad Amalfi possono essere state realizzate le placchette di avorio, che con tutta probabilità formavano in origine un paliotto d’altare; secondo alcuni studiosi, erano invece inserite nell’iconostasi che tuttora recinge il presbiterio del Duomo, oppure costituivano la decorazione della cattedra vescovile, sul modello di quella di Ravenna.
Le placchette principali, di forma rettangolare, misurano circa venti centimetri per dieci, e sono suddivise in due riquadri – affiancati nelle tavolette dedicate all’Antico Testamento, sovrapposti in quelle dedicate al Nuovo –, e pur in una sostanziale continuità stilistica mostrano la partecipazione di almeno due botteghe diverse. Alcune formelle, nel corso dei secoli, sono andate disperse sul mercato antiquario, per finire al Louvre di Parigi, al Metropolitan di New York e ai musei di Budapest e Berlino: ma si tratta di pochi dettagli, rispetto all’imponente rassegna rimasta a Salerno.