Roma, strade antiche, visioni eterne
Le sette basiliche e i luoghi dei martiri: percorso giubilare d’autore attraverso l’Urbe, sui passi dei pellegrini in duemila anni di storia
Via della Conciliazione oggi ha come risucchiato e spento l’emozione e lo stupore. Un tempo non era così: si arrivava a San Pietro dai ponti sul Tevere, attraversando le stradine della Spina dei Borghi, ed ecco la piazza con le sue duecentottantaquattro colonne, i quarantaquattromila metri cubi di travertino, le centoquaranta statue della corona apicale. Il “gran teatro di colonne” nelle intenzioni del papa committente Alessandro VII Chigi doveva essere metafora visibile dell’abbraccio della Chiesa di Roma a tutti: «agli eretici per restituirli alla vera Chiesa, agli infedeli per portarli alla vera fede».
Gian Lorenzo Bernini, che aveva il genio del teatro, trasformerà l’idea in un prodigio. Il fedele che entra nella piazza sostando accanto all’obelisco, meridiana di Roma, si sente chiesa militante pellegrina sulla terra, che la Chiesa Trionfante (i santi e le sante che stanno in alto, in competizione con il cielo o con le nuvole di Roma, mutando colore secondo le ore e le stagioni) di lassù vigila, incoraggia, protegge. Funziona così il berniniano meccanismo della emozione e della persuasione. Una volta dentro San Pietro il visitatore può sentirsi sconcertato di fronte agli spazi immensi (più di due ettari di oro, di marmi policromi, di sontuosi sepolcri): ci sono però attrazioni che lo conducono là dove emozione e persuasione toccano il loro acme. Ci sono opere d’arte celebri che il visitatore conosce fino dai libri di scuola. C’è il San Pietro in trono, statua in bronzo forse di Arnolfo di Cambio, i cui piedi sono stati consumati dal contatto delle mani dei milioni di pellegrini che nei secoli gli sono sfilati davanti. C’è la Pietà che Michelangelo firmò e datò al 1499 e che è a tal punto pura, intatta, lucente che a Giorgio Vasari apparve un “miracolo” («È un miracolo che un sasso da principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione che la natura a fatica suol formare nella carne»). C’è però, fra tutti, un grandioso manufatto a calamitare l’attenzione: ecco infatti, al centro della basilica, l’altare detto della Confessione, con il baldacchino che Gian Lorenzo Bernini progettò e realizzò in iperbolico fuori scala. È il luogo dove il Papa di Roma confessa la sua fede, così come con il martirio l’aveva confessata san Pietro, che sta proprio sotto i suoi piedi: infatti sopra c’è la Confessio romani pontificis, costantemente rinnovata nelle grandi liturgie, e sotto la Confessio sancti Petri, il luogo che custodisce la memoria storica e i resti mortali dell’apostolo. Didattica più efficace e più coinvolgente non può esserci. A questo punto anche il fedele più sprovveduto capisce che se questo è vero allora è anche vero il primato del papa di Roma, successore del Principe degli Apostoli. Ed ecco la Gloria della Cattedra sullo sfondo, in perfetto asse prospettico con l’altare della Confessione.
di Antonio Paolucci