Riabitare in pace la natura
La nostra casa è oggetto di una “guerra mondiale”. Occorre progettare la salvezza. Le opinioni di Sergio Givone, Mauro Magatti, Paolo Ferliga, Sara Marini
Leonardo Servadio
E se ci svegliassimo un giorno per trovare che non c’è più terra abitabile? L’esplosione delle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki fu questione di secondi, e dopo l’accecante bagliore restò solo devastazione. Ci fu un prima e un dopo, netto. Oggi la discesa verso una natura snaturata, per quanto da tanti anni paventata, essendo relativamente lenta attutisce la percezione delle conseguenze ultime. Che però si stanno avvicinando.
Da tempo la Chiesa ha lanciato i suoi avvertimenti. Già nel 1971 Paolo VI affermava, nella lettera apostolica Octagesima adveniens: l’uomo «attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». Papa Francesco nella Laudato si’ l’ha con drammatica urgenza ribadito. Ora siamo in mezzo alla crisi epocale. «Non ci troviamo, come già tante volte nella storia è accaduto, di fronte a un passaggio da un sistema di valori a un altro» chiosa il filosofo Sergio Givone. «Non dall’età dell’oscurità a quella delle luce, come volevano gli illuministi. Oggi la domanda è più essenziale: se siamo in grado di conservare il creato e di salvaguardare il vivere umanamente, che è diverso da sopravvivere. Si può infatti sopravvivere anche in condizioni disperate, anche piombando nella logica dell’homo homini lupus. Ma questo non è degno dell’essere umano. Gli appelli di papa Francesco ricordano quelli per la pace, pronunciati da Benedetto XV alle soglie della prima guerra mondiale e ripetuti nel 1939 da Pio XII: “Nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra”. Rimasero inascoltati. Oggi le tante crisi globali minacciano qualcosa di ancora più orribile: che l’opera stessa della Creazione, affidata alle nostre cure, rovini a conseguenza dei nostri abusi». [...]