Raffaello architetto
Per Raffaello progettare edifici è complementare al dipingere: entrambi si fondano sulla geometria
Paolo Portoghesi
Nel caso di Raffaello il pittore e l’architetto sono stati interpretati dalla critica separatamente, sottovalutando spesso la profonda unità che collega queste due forme di attività dell’artista. Pittura e geometria, che fin da principio appassionano Raffaello quando lavora nella bottega del Perugino, trovano ben presto il modo di confluire nella composizione geometrica e negli sfondi architettonici di opere come l’Annunciazione e la Presentazione al Tempio nella predella della Pala Oddi, e lo Sposalizio della Vergine di Brera, nelle quali si avverte l’influsso dell’ambiente artistico urbinate. Il padre, Giovanni Santi, nelle sue cronache in versi ricorda Luciano Laurana come «l’architetto a tutti sopra», e di fatto il palazzo di Urbino, con la sua spazialità estatica, colpisce la sensibilità di Raffaello che ne conserverà la memoria, ancora ben presente in opere come la cappella Chigi e Villa Madama.
Nello Sposalizio di Brera tutta la parte superiore della pala è occupata dal pro-getto di un organismo architettonico definito in ogni dettaglio. L’analisi geometrica del dipinto dimostra il culto dei rapporti numerici semplici e l’uso del cerchio avvolgente come forma simbolica del divino, sia nel tempio che nell’organizzazione delle figure.
Altro elemento caratteristico delle composizioni pittoriche di Raffaello è la sagoma piramidale che si ritrova in molte delle sue celebri Madonne, e riapparirà in modo sorprendente nei monumenti e nella cripta della Cappella Chigi. Persino il vortice fa la sua apparizione nella sua pittura, nella Madonna della Seggiola. La complementarità nei due campi della pittura e dell’architettura si rivela in pieno, a livello percettivo, nelle Stanze Vaticane che recano il suo nome. In esse il pittore assegna all’architettura un ruolo predominante nella Scuola di Atene, nell’Incendio di Borgo, nella Cacciata di Eliodoro, mentre nella Liberazione di san Pietro e nella Messa di Bolsena lo spazio pittorico si fonde allo spazio reale plasmandolo con inedita capacità illusiva.
Nella Scuola di Atene Giorgio Vasari attribuisce il fondale architettonico a un suggerimento di Bramante, che può riguardare l’idea ma non le forme architettoniche in “scala umana” delicate e sottili, plasmate in funzione della disposizione armonica delle figure. La geometria, il numero, costruiscono qui per la filosofia e per la scienza uno scenario perfetto, e la chiave segreta è nella lavagnetta che un allievo di Pitagora mostra al maestro: vi sono indicate le proporzioni privilegiate delle consonanze musicali, insieme alla tetraktýs, la piramide dei primi quattro numeri che ha come somma il numero 10. Nell’iscrizione in alto è citato il valore menzionato da Platone nel Timeo con il nome greco di epógdoon, che designa 1 + 1/8, e cioè l’intervallo di un tono misurato sul monocordo.
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