Pienza, il sogno avverato di Pio II
La storia e i segreti della città ideale del Rinascimento, dove l’urbanistica e l’architettura esprimono la visione umanistica del mondo di Enea Silvio Piccolomini
Alfiero Petreni
Il dolce e caro «loco natio», come dice Giacomo Leopardi, ha esercitato, e sempre eserciterà, un fascino, una nostalgia profonda nel cuore degli uomini, specialmente di quelli più sensibili di animo e di intelletto. Pio II fu senz’altro tra questi; i fatti testimoniano quanto Enea Silvio Piccolomini abbia amato il borgo natìo. Nelle sue numerose lettere al padre e agli amici, il ricordo di Corsignano è sempre vivo e profondo. La storia di Pienza è proprio il magnifico risultato di questo amore, di questa nostalgia.
Enea Silvio Piccolomini nel 1458, divenuto papa, decise di trasformare il povero borgo di Corsignano in una “moderna” cittadina. Egli, infatti, ritornò nel paese - dove era nato il 18 ottobre 1405 e che aveva lasciato a diciotto anni - il 21 febbraio del 1459. Quartogenito di diciotto figli, quindici dei quali morirono prematuramente, vi trascorse serenamente i primi anni della sua esistenza formandosi al culto del bene e del bello nello splendore della natura offerto dal superbo panorama della Val d’Orcia. Ereditò la fede cristiana dai genitori Silvio e Vittoria Forteguerri, soprattutto dalla madre, della quale Enea scrisse: «dalla sua gioventù essa non aveva conosciuto altro che servire Dio con virtù quasi eroica».
Avendo manifestato fin da fanciullo doti straordinarie di intelligenza, di memoria e di umana sensibilità, nel 1423 Enea Silvio emigrò da Corsignano a Siena, dove divenne studente di Diritto nello Studio generale senese, emergendo immediatamente per la forte passione che nutriva per i classici latini: Cicerone, Virgilio, Tito Livio. Fu ben presto riconosciuto come valente umanista, poeta e diplomatico accorto. A Siena, ascoltò ammirato le prediche di san Bernardino in Piazza del Campo, ma dopo un breve pensiero al francescanesimo incominciò a comporre poesie frutto delle prime avventure amorose. Tuttavia, anche la bella Siena si rivelò presto incapace di trattenere lo spirito straordinario di Enea, tanto che alla fine del 1431 egli seguì a Basilea il cardinale Capranica il quale, colpito dal giovane acclamato oratore e dottore in Diritto, lo volle al suo seguito come avvocato e segretario nelle controverse dispute del Concilio (iniziato nel 1431 e terminato nel 1439). Enea accettò con entusiasmo l’offerta del cardinale e si recò a Corsignano a salutare il babbo e la mamma che consegnarono al figlio la somma ricavata dalla vendita di un mulo.
Pio II tornò a Corsignano dopo aver percorso, per ventisette anni, tutte le strade di Italia e di Europa, non umile e povero come quando era partito, ma ricolmo di gloria e soprattutto come papa. Arrivò in paese accolto dagli applausi dei suoi abitanti e delle numerose persone accorse dalle zone circostanti. Nei suoi Commentari racconta magistralmente, in terza persona, la storia della nascita di Pienza, partendo dalla prima idea che gli venne passando da Corsignano diretto a Mantova dove il primo giugno aprì un importante Congresso per indurre i capi della cristianità a vendicare lo smacco della conquista turca di Costantinopoli: «Qui nacque Pio, e qui ricevette i primi ammaestramenti. Qua ritornando […] Sperò di averne piacere: si figurava di parlare con i compagni degli anni giovanili, e di rivisitare con gioia il suolo natio. Ma avvenne tutto il contrario; la maggior parte dei coetanei era uscita da questa vita e quelli che ancora […] respiravano, gravati dalla vecchiaia e dalle malattie, erano immobilizzati nelle case; se alcuno si mostrava a stento si poteva riconoscere nel volto mutato, esausti di forze, esseri deformi e quasi nunzi di morte. Il Pontefice, dovunque s’imbatteva nelle prove della proprio vecchiaia [...] Pio rimase qui nel giorno della festa chiamata della Cattedra di San Pietro e vi celebrò la Santa Messa. Stabilì inoltre di edificare in questo luogo una nuova chiesa e il palazzo per lasciare un ricordo più duraturo possibile della sua origine; per questi lavori pagò generosamente architetti e operai».
[...]