Piazza, oltre la retorica del luogo comune
Le dinamiche che investono gli spazi urbani cambiano, così come si trasforma la funzione stessa delle piazze
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Luigi Prestinenza Puglisi
In Italia c’è un po’ il mito delle piazze. Hanno i nomi altisonanti dei padri della Patria: Dante, Mazzini, Garibaldi…, e su di esse prospettano le cattedrali e i palazzi del potere civile. Hanno una forte tradizione storica e una notevole valenza simbolica. Ma sono ancora quel che furono? Sono veramente i luoghi dello “stare”, dove le persone si incontrano e dialogano tra loro? Quando ci si dà un appuntamento, oggi si scelgono chiari riferimenti, si tratti di un monumento o di un caffè o di un muretto; se poi questi si trovino o no in una piazza è di secondaria importanza. Perché poi si passeggia o ci si siede al tavolino. A Londra per esempio, un luogo per eccellenza dove i giovani si ritrovano non è una piazza, ma la galleria d’arte contemporanea Tate Modern dove, oltre all’esposizione permanente, si svolgono eventi e mostre temporanee, e vi sono ambienti adatti agli incontri, dotati delle tecnologie legate al vivere e al comunicare tipico dei nostri giorni. Allo stesso modo, a Parigi le persone hanno un punto di riferimento nel Beaubourg e nel Forum des Halles: il richiamo è dato dal fatto che lì vi sono centri pulsanti di vita culturale e di commerci, oltre che architetture dal forte carattere iconico. Le piazze monumentali, da Place des Vosges, a Place Vendôme, a Place de la Concorde, restano come testimonianza storica, a volte coi loro giardini ben curati. Ci passano i turisti, le guardano, poi vanno altrove.
Anche in Italia la situazione è simile. Per esempio, la grandiosa piazza del Popolo, a Roma, con le architetture del Valadier, o l’altrettanto stupenda piazza Navona: sono spazi vuoti, dove le persone si perderebbero se non vi fossero chiari punti di riferimento come l’obelisco o le fontane, “luoghi” che divengono momenti di attrazione. Il vuoto, lo spiazzo, ha perso interesse: superato è il tempo in cui si svolgevano i raduni di massa. Certo, ne sono avvenuti anche in epoca recente in piazze come la Tienanmen di Pechino. Ma che cos’è quella piazza, di per sé? Un grande spazio vuoto, privo di interesse. Un po’ come lo spiazzo di San Giovanni in Laterano a Roma: all’occorrenza viene usato per concerti. È l’evento che attira e, cessato questo, resta solo il vuoto.
A Roma tra il 1999 e il 2009 è stato costruito il MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Il luogo ha assunto subito un valore iconico grazie all’architettura firmata da Zaha Hadid. Era inteso quale uno dei momenti di un più ampio spazio urbano collegato da passaggi pedonalizzati all’Auditorium, realizzato pochi anni prima da Renzo Piano. Vi sono spiazzi aperti, anche proprio davanti al MAXXI. Ma questi non fanno sistema. [...]