Oropa, la Madonna nera delle cime
Quello biellese è il più grande santuario delle Alpi. La sua storia è antichissima, il presente rigoglioso
Roberto Copello
Un monumentale santuario posto a 1.200 metri, con tre piazzali a terrazza circondati da una chiostra di cime alpine. Dodici bianche cappelle sparse come pecorelle di un presepe su per un verde pendio, fra due filari di tigli. Una riserva naturale estesa su 1.500 ettari, da 750 a 2.388 metri di altitudine. Un reticolo di sentieri percorsi nei secoli da schiere di pellegrini. Persino un giardino botanico alpino di ventimila metri quadrati. Dove mai scenario naturale e costruzioni religiose sono altrettanto connessi? A soli dodici chilometri da Biella, quello di Oropa è il più grande santuario mariano dell’arco alpino, eppure il suo impatto sull’ambiente non è affatto gravoso, anzi. Fede e natura, devozione alla Madonna e amore per il verde si esprimono parlando la stessa lingua. Bernardo di Chiaravalle sarebbe d’accordo, se si sta a una delle sue frasi più citate: «Credi a chi ne ha esperienza: nei boschi troverai qualcosa di più che nei libri. La legna e le rocce ti insegneranno ciò che non puoi ascoltare dai maestri» (Experto crede: aliquid amplius invenies in silvis, quam in libris. Ligna et lapides docebunt te, quod a magistris audire non possis. Epistola 106 a Henry Murdach). L’esperienza cui Bernardo alludeva era probabilmente quella ritratta in una diffusa iconografia: la Vergine gli appare mentre il santo medita all’aperto, tra le rocce, sul rustico scrittoio che amava farsi portare fuori del monastero.
Anche la Madonna Nera di Oropa si è “rivelata” fra le rocce, fra i monti del Biellese dove secondo la leggenda la portò sant’Eusebio, il vescovo che a Vercelli istituì il monachesimo in Occidente, e che Giovanni XXIII ha proclamato patrono del Piemonte. Accadeva nel IV secolo, quando Eusebio, si dice fuggendo dalle persecuzioni ariane, avrebbe trasferito in Italia dall’Oriente tre statue di Madonne nere. Una finì nella cattedrale di Cagliari, due nei santuari piemontesi di Oropa e di Crea (quest’ultima però al restauro è risultata bianca). Eusebio a Oropa prima nascose la statua sotto tre massi erratici, compresi ora nella settecentesca cappella del Roc; poi la spostò più a valle, in una cappelletta che presto attirò eremiti e pellegrini. Era il primo nucleo del santuario, l’antenato del sacello eusebiano ora racchiuso nella Basilica Antica, fra le pareti affrescate nel XIV secolo da un ignoto “Maestro di Oropa”.