Natale ritorni il tempo del “grazie”
La società dei consumi carica l’attesa ma depaupera l’evento. Una riflessione inedita del grande scrittore inglese sulla festa cristiana
G.K. Chesterton
Sono colto da un dispettoso e malevolo piacere nel ricordare ai miei colleghi scribacchini, sgobboni a libro paga nell’orribile arte del giornalismo, che il Natale non finisce il 25 dicembre ma dura per altri dodici giorni. Dovrebbe terminare nella dodicesima notte e come ci assicura Shakespeare in quell’occasione potrete fare “quel che volete” [La dodicesima notte, o quel che volete, 1601, è una commedia di William Shakespeare che allude alla festa dell’Epifania che si celebra dodici giorni dopo il Natale, ndr]. Ma una delle bizzarrie dei nostri tempi sottosopra è che sentiamo parlare molto del Natale prima del suo arrivo, e poi niente, silenzio. La mia infausta corporazione è ben allenata nel parlare profeticamente del Natale sin dall’autunno, e si tratta di profezie che combinano l’età dell’oro con il giorno del giudizio. Tutti scrivono su quanto sarà glorioso il Natale. Nessuno, o quasi, scrive a festa finita di com’è stato celebrato quel giorno. Vorrei rappresentare un’eccezione a quest’andazzo. Mi piacerebbe che si parlasse più a lungo del vero significato del Natale, e che considerassimo con più attenzione i doni che abbiamo ricevuto. C’è un gran numero di leggende, anche dei nostri giorni, su ciò che capita prima della festa; possono riguardare la preparazione dell’albero, che alcuni dicono risalga ai tempi del marito tedesco della regina Vittoria, o si riferiscono a quella vasta popolazione di Babbi Natale che affollano i negozi tanto quanto la clientela. Ma non esistono leggende moderne sul dopo, a parte qualche squallida barzelletta sull’indigestione e l’arrivo del dottore. Ciò mi porta a fare gli auguri a tutti di buon dopo-Natale o, se ne avessi la possibilità, a mandare biglietti di auguri post-natalizi; anche se in realtà vi è già un certo numero di poveretti che ricorrono ai biglietti di auguri per l’anno nuovo. Ma mi piacerebbe approfondire questa questione delle festività e degli usi e costumi del dopo Natale con un po’ più di attenzione.
Naturalmente tutta questa enfasi sull’Avvento è una caratteristica di una società dedita ai commerci. Il suo fine è quello di consegnare i beni desiderati. Una volta che la consegna è avvenuta cala il silenzio, o almeno non si nota alcuna esplosione di gioia per la creazione di cose nuove; le stelle mattutine cantano e i figli di Dio gioiscono, ma tutto tace. In altre parole dopo la consegna dei regali si dà per scontato che siano stati spacchettati e tutto è bene ciò che finisce bene. Esaurita l’importanza esagerata data all’attesa, diminuisce anche l’apprezzamento per il bene ricevuto.
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