Milano città liquida
Storie della metropoli che fondò la sua fortuna sull’acqua
«Non si preoccupi, poi le trote le ributto dentro» sorrideva il signor Riccardo seduto sul suo sgabellino pieghevole. Qualche anno fa, all’alba, il pensionato milanese scendeva sempre a pescare nella darsena. Chissà se potrà mai tornarci, dopo che i lavori in corso l’avranno trasformata in una «nuova piazza, con meno auto – ha assicurato Maria Carmela Rozza, assessore ai Lavori Pubblici della giunta Pisapia – e più spazio per barche, alberi e pedoni». Un tempo il decimo porto più trafficato d’Italia, la darsena è un luogo del divertimento da decenni: il commercio ha portato bar e osterie, e poi mercatini, mostre di pittura, turisti in vicolo dei Lavandai e musica dal vivo sui barconi ormeggiati lungo il Naviglio Pavese, quegli stessi barconi che fino agli anni Settanta scaricavano sabbia. «Bisognerebbe scoperchiare i Navigli e tornare ai tempi di Stendhal» suggerisce da tempo Dario Fo, ricordando una Milano che non esiste quasi più. La Milano descritta da Montanelli «delle fosse, delle darsene, degli scricchiolanti ponti di legno». I Navigli vennero coperti in gran parte agli inizi del Novecento e in molti, poi, se ne sono pentiti. Perché Milano è una città d’acqua, anche se non è attraversata da un fiume. «È un paradosso – esordisce l’architetto Pietro Lembi, autore del libro Il fiume sommerso (Jaca Book, 2006) – perché pure essendo lontana dai grandi fiumi, la città è ricca d’acqua. In fondo il toponimo deriva da mid-land, “terra di mezzo”, in mezzo ai fiumi Adda e Ticino. E poi un fiume che attraversa Milano in realtà esiste. È sommerso, alimentato da una falda profonda che mescola le acque dei ghiacciai con quelle rimaste intrappolate milioni di anni fa, quando l’Adriatico arrivava fin qui»
......di Alessandro Gandolfi