Lo splendore della carità
L’arte, la cultura, la cura dei luoghi di culto e di vita cristiana non sono un lusso ma una vera opera di misericordia
«Benvenuti. Questa è la casa di tutti, è casa vostra». Sono passate da poco le cinque del pomeriggio quando Francesco, a sorpresa, si affaccia sulla soglia della Sistina ad accogliere i suoi ospiti. Dalla parete in fondo il Cristo di Michelangelo leva il braccio a separare i salvati dai dannati ed è la prima volta che lo vedono. Beati gli ultimi. I centocinquanta clochard che vivono intorno a San Pietro hanno lo sguardo che brilla di stupore, alzano gli occhi e vedono la Creazione di Adamo, si voltano dall’altra parte ed ecco il Pontefice che sorride, si avvicina per salutarli uno ad uno. «Per favore, pregate per me. Ho bisogno della preghiera di persone come voi».
È il 26 marzo 2015. Papa Francesco ha fatto recapitare ai senzatetto un invito perché potessero entrare, da soli come ospiti privilegiati, e poter godere dei capolavori di Michelangelo in modo esclusivo. È l’intuizione di un’ottava opera di misericordia, corporale e spirituale insieme: regalare agli occhi dei poveri la visione di uno dei luoghi più belli del mondo, uno dei vertici assoluti della storia, e al loro cuore il brivido dello stupore, per emozionarsi e godere.
Francesco, con uno dei suoi gesti spiazzanti e creativi ha voluto offrire ai bisognosi (e ogni uomo è bisognoso) la carità della bellezza, della cultura, non solo quella del pane e del vestito. Dare da mangiare bellezza e dignità. Perché la bellezza è un presagio, una fessura di gioia e di gratuità dentro le pareti amare della vita dei poveri. Perché non si vive di solo pane. Anche i senzatetto, soprattutto loro, devono poter godere della bellezza custodita per tutta l’umanità dai Musei Vaticani.
«Una piccola carezza», ha detto Francesco prima di benedirli: «Il Signore vi custodisca, vi aiuti nel cammino della vita e vi faccia sentire il suo amore tenero di Padre». Certo non basta a placare la fame concreta. Infatti, dopo la Sistina e l’incontro con il Papa, è stata offerta loro una cena nel posto di ristoro dei Musei: un piatto colmo di mozzarella, prosciutto, pizza, porchetta, supplì.
La bellezza salverà il mondo. La celebre frase di Dostoevskij è posta in esergo a tante riflessioni sul tema della bellezza. Il mondo è povero, minacciato, depredato dall’economia rapace e superficiale. Per costruire pace, giustizia, libertà lasciamo uno spiraglio anche alla bellezza. Il suo ruolo è ancor più che emotivo, rivelativo. La poesia, l’arte figurativa, la musica rivelano dimensioni inattese del vivere e del cosmo: «In chi contempla la bellezza si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana» (Laudato si’, 103).
di Ermes Ronchi e Marina Marcolini