La storia dell’arte nasce in Purgatorio
Nei versi del canto XI il poeta riconosce in Giotto un’affinità di intenti e una operazione in pittura simile alla sua sul fronte linguistico
Antonio Paolucci
Per capire l’atteggiamento di Dante nei confronti dei fenomeni artistici del suo tempo, per tracciarne il profilo di “storico dell’arte”, bisogna fermarsi sul canto XI del Purgatorio, uno dei più belli dell’intera Commedia, improntato a vasta desolazione, colori di piombo e di cenere, toni di grigio su grigio.
Siamo nella balza dei superbi. Coloro che hanno guardato il prossimo dall’alto in basso, che si sono considerati superiori agli altri, ora scontano il loro peccato vestiti di abiti penitenziali, camminando lentamente in processione, salmodiando il Pater noster che è la preghiera della umiltà, della sottomissione all’Altissimo, dell’abbandono fiducioso alla misericordia di Dio. Portano sulle spalle un peso che li obbliga a tenere bassa la testa che, in vita, avevano sempre tenuta orgogliosamente alta. Nella teoria dei penitenti l’Alighieri riconosce un celebre miniatore della generazione precedente la sua: Oderisi da Gubbio.
Il Poeta è uomo di libri, conosce e frequenta le grandi biblioteche monastiche e universitarie d’Italia e d’Europa, conosce gli autori dei libri ma anche chi i libri confeziona, illustra, pubblica. Non deve sorprendere quindi che egli riconosca, fra i tanti, il grande Oderisi e si rivolga a lui in tono confidenziale, quasi affettuoso, dandogli del tu, con una specie di complicità. Come succede a ciascuno di noi quando incontriamo qualcuno che fa il nostro mestiere, che si occupa delle stesse cose che noi frequentiamo e amiamo: i libri in questo caso. «Non sei tu Oderisi / l’onor di Agobbio e l’onor di quell’arte / che alluminar chiamata è in Parisi?» (Purg XI, 79-81). L’interrogazione, dal tono confidenziale, quasi affettuoso, dichiara in Dante una sensibilità da storico dell’arte, di chi cioè è consapevole della genesi e dei caratteri distintivi dei fenomeni figurativi.
Quando viene scritto il canto XI del Purgatorio siamo intorno al 1308-1310. In quest’epoca il primato europeo nell’arte della miniatura è ancora saldamente tenuto dall’area franco-fiamminga, soprattuto da Parigi che con la sua grande università, polo di attrazione di professori e di studenti da ogni parte della cristianità, era inesausta consumatrice e produttrice di libri. Dante lo sa. Per questo, per indicare l’arte della miniatura, al posto dell’italiano “miniare” usa il francese “enluminer”. Il Poeta sa anche però che in una altra grande città universitaria europea, a Bologna, stanno crescendo e maturando artisti che avrebbero presto insidiato il primato di Parigi. La consapevolezza di questa mutazione in essere (consapevolezza anch’essa segno di una sensibilità al divenire della storia figurativa che non saprei definire altrimenti che da storico dell’arte) sta nella risposta di Oderisi: «Frate, più ridono le carte / che pennelleggia Franco Bolognese; / l’onore è ora suo e mio in parte».
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