La semplicità dell'impossibile
Sulla vertigine dell’Annunciazione teologia e arte hanno dato, e danno, un contributo paritario
L’annunciazione dell’Angelo a Maria, nella meditazione che accompagna la recita del Rosario, è nominata come il primo dei “misteri gaudiosi”. Il racconto si trova nel Vangelo di Luca (1,26-38). La narrazione evangelica, nella sua sobria immediatezza, sottrae enfasi e aggiunge potenza all’inaudito che decide l’umanità di Dio. Il legame passa attraverso la carne e il sangue del Figlio, è destinato al nostro riscatto, è irrevocabile. D’ora in avanti esso è scritto nella nostra storia: e tale rimarrà per l’eternità. Perdere un essere umano, per Dio, diventa letteralmente come perdere un figlio.
L’arcangelo Gabriele annuncia l’impossibile, perché appaia con assoluta chiarezza la discontinuità del dono di Dio con i possibili dell’uomo. Il Precursore, Giovanni il Battista, è donato alla sterilità di Elisabetta come un segnale anticipato di un evento che sta sulla verticale di una iniziativa di Dio che dispone da sé il proprio annuncio. Nella storia precedente, in molti modi Dio ha annunciato la sua misericordia e la sua risolutiva venuta. Ma, al compimento del tempo dell’attesa, l’annuncio avverrà in presa diretta con l’evento: ne farà parte. E avrà la forma di un indicativo che mostra l’evidenza, non la visione: «Ecco l’Agnello di Dio». Giovanni viene dalla fine del mondo della promessa, prodigiosamente tratto nella storia a inaugurare una presenza di Dio che non è la ripetizione di quella antica. Giovanni annuncia l’Arrivato, non semplicemente l’Atteso. Può allungare il dito – come nella strepitosa e visionaria composizione pittorica di Grünewald, per l’altare di Isenheim – e dire “È quest’uomo”. Gesù stesso illumina questa singolarità, fotografandola con una battuta che è fulminante come un aforisma: «Io vi dico, fra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni; però il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui» (Lc 7,43).
La decifrazione del mistero del Precursore è rinviata alla “nascita da donna”. Il mistero del Figlio, “nato da donna”, apre il regno di Dio come “primogenito di molti fratelli”: e i più piccoli conquistano il regno per primi. Quando è ancora molto piccolo, nel grembo della sua mamma, Giovanni riconosce la sua destinazione ascoltando la voce di Maria.
di Pierangelo Sequeri