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La rivoluzione di Teresa d'Avila

Dalla clausura del Carmelo la mistica spagnola ha cambiato non solo il suo ordine ma la stessa Chiesa, ribaltando i pregiudizi sulla dimensione femminile

Cristiana Maria Dobner

Un dittico getta luce su di una donna spagnola del secolo d’oro: doña Teresa de Cepeda y Ahumada, diventata la carmelitana Teresa di Gesù.
Tavoletta prima: il nunzio Filippo Sega nell’anno 1578 afferma di Teresa di Gesù: «Femmina inquieta, vagabonda, disobbediente e contumace che, a titolo di devozione inventava cattive dottrine, uscendo dalla clausura contro l’ordine del concilio tridentino e dei superiori, insegnando da maestra contrariamente a quanto san Paolo insegnò ordinando che le donne non insegnassero».
Tavoletta seconda: Paolo VI il 27 settembre 1970 proclama Teresa di Gesù Dottore della Chiesa, prima donna insieme a Caterina da Siena a esserne insignita: «La dottrina di santa Teresa d’Avila risplende dei carismi della verità, della conformità con la fede cattolica, dell’utilità per l’erudizione delle anime; e un altro possiamo particolarmente notare, il carisma della sapienza, che ci fa pensare all’aspetto più attraente e insieme più misterioso del dottorato di santa Teresa, all’influsso cioè della divina ispirazione in questa prodigiosa e mistica scrittrice».
Teresa era stata beatificata da Paolo V nel 1614, a trentadue anni dalla morte, e canonizzata da Gregorio XV nel 1622.
Secolo d’oro indubbiamente il XVI, ma secolo anche in cui correva un proverbio quanto mai eloquente: «la mujer y la gallina hasta la casa de la vicina», la donna e la gallina fino alla casa della vicina! Oggi chi guardi alla statua di Teresa nella basilica di San Pietro può leggervi l’iscrizione: Spiritualium mater.
I de Cepeda y Ahumada erano detti “toledani”, il capostipite Juan infatti era un ebreo convertito di Toledo e poi giudaizzante, che subì il processo dell’Inquisizione e infine si rifugiò ad Avila. Ricco negoziante di tessuti, introdusse con matrimoni i figli nella nobiltà avilense; figli che, dopo un processo, furono riconosciuti nobili: de Cepeda y Ahumada appunto.
L’avventura di Teresa inizia ad Avila, come si poteva leggere di mano del padre, don Alonso de Cepeda, nella nota posta sulla pagina lasciata bianca nella Bibbia di famiglia in cui si iscrivevano tutti i figli nati: «Mercoledì, 28 marzo 1515, nacque Teresa, mia figlia, alle cinque del mattino, mezz’ora più mezz’ora meno, avvenne nel detto mercoledì quando quasi albeggiava».
Teresa, bambina vivace e intrepida: «A sei anni leggeva le vite dei martiri, ed esclamava: “Eternità! Eternità!”. Decise allora di andare presso i Mori per convertirli, desiderio che non poté realizzare; ma l’ardore in lei non smise di crescere, al punto che il fuoco della sua anima non si è mai spento, se ancor oggi ci riscalda» (Emil Cioran). Fuggita con il fratellino e poi rintracciata, venne ricondotta a casa. Nella bambina però quel grido “Per sempre! Per sempre!” non si estinguerà e segnerà tutta la sua lunga e travagliata esistenza di «capofila delle mistiche protomoderne» (Elisja Schulte van Kessel).
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