La lunga rivoluzione
Se per gli storici l’idea di un Rinascimento pagano è tramontata i princìpi umanistici hanno davvero ridefinito la cultura europea
Premessa indispensabile per comprendere il culto umanistico dell’antichità è la considerazione che esso si accompagnava alla coscienza della fine del mondo antico e quindi dell’estraneità di esso rispetto alla società contemporanea. Di tale presunta rottura fra antichità e mondo medievale non si era avuta coscienza fino al Trecento. Per tutto il periodo che definiamo Medioevo, gli europei avevano vissuto sentendosi legati agli ideali di Chiesa e di Impero e utilizzando nelle loro scuole e nelle loro università, accanto alla Bibbia, anche autori latini come Ovidio, Lucano, Stazio. All’eredità romana si era attinto nel suo complesso, senza interessarsi troppo a distinzioni cronologiche, stilistiche o filosofiche: il concetto dominante era che gli antichi erano auctoritates; e anche a loro Dio stesso, che aveva parlato al genere umano privilegiando il popolo di Israele, aveva tuttavia comunicato in modo misterioso le Sue verità. In questa maniera, i miti come quelli di Orfeo o di Dioniso divenivano figure anticipatrici del Cristo e si poteva trattare Virgilio – che nella IV Egloga aveva parlato di un Fanciullo che sarebbe stato partorito da una Vergine all’inizio di una nuova era – come un profeta al pari di quelli biblici.
di Franco Cardini
storico