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La fantasia fa rima con Medioevo

Da Novalis ai Preraffaelliti la reinvenzione di un’epoca

​Umberto Longo

Perché reinventato? Perché il Medioevo, prima di essere reinventato è stato inventato, sin dal primo momento in cui si è formato il concetto di “medio evo”, “età di mezzo” alle soglie del­l’età moderna. Esso rappresentava per gli intellettuali umanisti e rinascimentali un lasso di tempo definito in negativo, attraverso un giudizio innegabilmente svalutativo, declinato come periodo di qualità minore rispetto al prima e al dopo: la splendida antichità e la luminosa età del Rinascimento. Un periodo connotato come assenza, come parentesi, tempo intermedio, e dunque, già in nuce, come età sospesa, che nella sua indeterminatezza strutturale esprimeva potenzialità intrinseche per l’interpretazione, la costruzione di significati, l’elaborazione di etichette, l’invenzione di stigmi e vagheggiamenti.
La condizione di non compiutezza, suggerita già dalla definizione lessicale, si è dimostrata idonea a favorire l’ampia gamma di declinazioni e derive oniriche, esotiche, nostalgiche, fantasiose e fantastiche che puntualmente hanno irrorato, ammantato e saturato l’idea di Medioevo nel corso della sua storia, che ha avuto inizio nel momento stesso in cui si produceva l’incubazione della sua fine. A partire da quel momento, il Medioevo è diventato anche un’idea. Anche le idee hanno una storia e quella di Medioevo ormai ha una tradizione di cinquecento anni. Sempre in relazione alle esigenze del presente che definisce il proprio rapporto con il passato in funzione delle sue urgenze identitarie, delle sue polemiche, delle sue ideologie, mode e proiezioni. Il Medioevo è divenuto ben presto un concetto, un contenitore produttore di significati, ora positivi ora negativi, e sono nate e si sono stratificate le declinazioni della leggenda nera e di quella rosa - del Medioevo oscuro, violento e irrazionale e di quello cavalleresco, fatato, intriso di senso religioso -, che convivono in noi. Di questo si occupa il medievalismo, che è altro dal Medioevo, non coincide con esso, e può essere declinato in molteplici possibilità: nell’arte, poesia, letteratura, pittura, architettura, come nutrimento per l’immaginario; e come produttore di identità, locale, culturale, politica, religiosa. Il medievalismo – ovve­ro la rappresentazione, la ricezione e l’uso postmedievali del Medioevo: il Me­dioevo dopo il Medioevo – costituisce un campo di studi nuovo e particolarmente utile per indagare le modalità attraverso le quali la storia del passato medievale viene continuamente rielaborata e rimodulata nel presente. Non è certo un caso, in questa prospettiva, che il medievalismo sia stato inserito nella recentissima declaratoria tra i temi di studio della disciplina Storia medievale. La storia dell’idea di Medioevo, sebbene non coincidente è, però, strettamente collegata alla storia medievale, e indaga il modo in cui è stato recepito, concepito, stigmatizzato, inventato, sognato, rigettato e rimpianto un periodo storico, che nelle varie rappresentazioni, rievocazioni, categorizzazioni è stato ed è - assolutamente e quanto mai anche oggi - tirato, dilatato, compresso in stretta relazione con le idee politiche, le opzioni religiose, gli orizzonti culturali delle varie stagioni che lo hanno utilizzato e definito.
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