La Terra Santa e la pace di san Francesco
Papa Clemente VI istituisce nel 1342 la Custodia Da sette secoli la presenza ininterrotta dei Frati Minori nei luoghi più significativi della vita di Gesù
Franco Cardini
Secondo le fonti francescane l’anno cruciale per il rapporto fra minoriti, Oriente e Terra Santa è il 1217. In tale anno, durante il “Capitolo delle Stuoie” di quello che ormai era stato riconosciuto come Ordine dei Frati Minori, Francesco inviò secondo l’esempio di Gesù i suoi frati, a coppie, sulle vie del mondo: per le terre d’Oltremare furono spediti alcuni di loro in una missione di testimonianza in Terra Santa. Li guidava frate Elia da Cortona. Lo stesso Francesco, secondo le agiografie e secondo ciò che scrive il vescovo e cronista Giacomo da Vitry, si recò in queste terre nel 1219, imbarcandosi da Ancona durante la quinta crociata: il che significa che egli stesso formulò prima di partire il voto di crociata, in quanto l’iter Hierosolymitanum era stato bandito da papa Onorio III e quella era appunto l’unica condizione giuridica per poter legittimamente - pena la scomunica - recarsi in partes infidelium. Francesco era dunque formalmente un crociato e ne portava evidentemente l’insegna cucita o appuntata sul saio: era scontato che non portasse armi in quanto come diacono faceva parte dei chierici e i chierici non potevano appunto portarne (Ecclesia abhorret a sanguine). Questo sia detto una volta per tutte, a troncare le oziose polemiche riguardanti l’atteggiamento del Poverello di Assisi a proposito delle crociate, alle quali egli non poteva opporsi “per santa obbedienza”: che poi non le approvasse, in quanto non approvava nessuna forma di violenza, è un altro discorso.
L’esercito crociato era accampato davanti a Damietta in quanto, scartando l’ipotesi di una nuova conquista di Gerusalemme - perduta dai crociati nel settembre del 1187, dopo che l’esercito saraceno del Saladino l’aveva cinta d’assedio senza peraltro mai tentare un assalto alle sue mura -, si era deciso di adottare nei confronti del sultano ayyubide d’Egitto, che dominava in quel momento anche la Città Santa, l’arma dell’embargo economico. Impedire la libera circolazione delle merci da e per le due metropoli del delta del Nilo, Alessandria e Damietta - e magari tentarne l’occupazione - arrecava un danno enorme a tutto il sultanato. E si sperava che, per far cessare tutto ciò, gli infedeli avrebbero accettato di trattare e magari di cedere di nuovo Gerusalemme. Era un’utopia: anzi, una tenace illusione che sarebbe stata protagonista di molti progetti di crociata a partire da quelli sollecitati nel 1274 da papa Gregorio X fino a quello di quattrocento anni più tardi, fra 1671 e 1672, che avrebbe costituito il nucleo del trattato dal titolo Consilium Aegyptiacum, dedicato da Leibniz al Re Sole.
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