La Lex amoris del Beato Angelico
In uno dei suoi ultimi capolavori il Beato Angelico traccia un parallelo tra Antico e Nuovo Testamento: l’arte come fare memoria della vita del Messia
Timothy Verdon
Tra gli ultimi capolavori del Beato Angelico c’è l’opera nota come Armadio degli argenti: in realtà è un’anta dell’armadio realizzato per gli ex voto dell’altare della Madonna del maggiore santuario mariano di Firenze, la chiesa della Santissima Annunziata. L’opera - ora in mostra al Museo Diocesano di Milano fino al 28 gennaio - fu commissionata da Piero de’ Medici detto il Gottoso come ultima componente del progetto di ammodernamento di questo altare, che ospita un venerato affresco trecentesco raffigurante l’Annunciazione. Nel 1448 Piero de’ Medici aveva richiesto all’architetto Michelozzo e al suo collaboratore Pagno di Lapo un sontuoso ciborio in marmo per l’altare, nonché una recinzione in bronzo e lampade d’argento; l’Armadio, probabilmente dipinto tra il 1451 e il 1453, era collocato nell’attiguo “coretto”, sotto una cella a mo’ di soppalco dove il committente, uomo sinceramente pio, si ritirava a pregare. Fu successivamente smembrato, e ciò che ne rimane oggi sono solo alcune grandi tavole con (complessivamente) trentacinque scene.
La peculiarità dell’Armadio è il progetto esegetico che traspare nell’iconografia delle singole scene, ognuna recante due iscrizioni scritturali, una sopra, l’altra sotto l’evento raffigurato. Quella inferiore riporta il passo evangelico illustrato, mentre in quella superiore troviamo un passo veterotestamentario tradizionalmente associato a quelle parole del Vangelo. L’iconografia, nel segno del fare memoria, nasce cioè dal modo di leggere le Scritture descritto da san Gregorio Magno che - commentando la visione del profeta Ezechiele di quattro esseri viventi ognuno con una ruota nella quale c’era un’altra ruota (Ez 1,4-16ss) - affermava che il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico come una ruota dentro un’altra ruota.
[...]