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La Città Eterna modellata dai Giubilei

Dettagli preziosi, edifici, grandi opere urbane: si può riscontrare una “tensione venticinquennale” che ha scandito la trasformazione di Roma

​Timothy Verdon

È difficile stabilire un rapporto “esclusivo” tra i Giubilei e le opere d’arte. A parte addobbi effimeri, e la limitata categoria delle illustrazioni giubilari (che nasce subito, con l’affresco giottesco al Laterano raffigurante Bonifacio VIII che inaugura il primo Anno Santo nel 1300), pochi sono gli edifici, le sculture, i dipinti fatti esclusivamente o in primo luogo per un utilizzo giubilare. Quasi sempre si tratta di realizzazioni monumentali che corrispondono a necessità permanenti, dove l’imminenza dell’Anno Santo può aver giocato un ruolo importante ma non decisivo nella genesi dell’opera.
Una stampa del tardo Cinquecento può suggerire la dinamica del rapporto in questione: un ritratto di Sisto V, nel cui breve papato (1585-1590) non si è celebrato un Giubileo. Intorno all’effigie, a mo’ di cornice, sono le immagini di più di venti dei grandi progetti di architettura e urbanistica di cui questo pontefice si fece promotore, la maggior parte in Roma: obelischi, nuove direttrici urbane, interventi alle basiliche di San Pietro, San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore, e lavori al Palazzo Apostolico Vaticano e al Patriarchio Lateranense. Non sono progetti giubilari, questi, ma componenti del “programma sistino” di globale rinnovazione del­l’Urbe. Tale programma nasce, tuttavia, anche in risposta al fenomeno dei Giubilei: ancora cardinale, Sisto V aveva assistito al­l’Anno Santo indetto da Gregorio XIII nel 1575 - il primo Giubileo dopo il Concilio di Trento - e aveva potuto valutarne l’effetto sulle persone. Non poteva ignorare la topografia rituale della città - i percorsi “consacrati’, i luoghi di sosta - e non è pertanto casuale che i progetti da lui avviati prima del Giubileo del 1600 interessino punti nodali del “traffico” giubilare: le grandi vie, chiaramente segnate da obelischi; le basiliche alle quali queste portavano; i palazzi pontifici, soprattutto quello del Laterano, completamente rifatto dall’architetto Domenico Fontana (con addirittura la ricollocazione della Scala Santa per facilitarne l’accesso ai pellegrini).
Da tempo il ritmo dei Giubilei era entrato nel cuore dei papi, si può dire, e Sisto V progettava i suoi epocali cambiamenti non esclusivamente ma anche in vista del successivo Anno Santo. Se vogliamo poi cogliere la drammaticità di questi cambiamenti, nel contesto giubilare, basta confrontare due altre stampe: la pianta di Roma di Antoine Lafréry, eseguita per il Giubileo del 1575, e quella del Tempesta per l’Anno Santo del 1600. Nella prima, la cupola di San Pietro è incompiuta e il Laterano ha ancora il suo aspetto medievale; nella seconda la cupola michelangelesca si erge maestosa sopra il Vaticano, e il Laterano è stato trasformato, con la nuova Loggia delle Benedizioni del Fontana dalla parte del Battistero. Un’altra stampa, del 1600, fa vedere il palazzo nuovo, la loggia e la piazza laterale di San Giovanni con migliaia di pellegrini a piedi e in grossi carri (i “pullman” dell’epoca); tra i fedeli, possiamo immaginare alcuni che avevano fatto il Giubileo precedente e ora, stupiti, trovavano la città completamente rinnovata!
Ecco, dunque, il “problema” dei Giubilei in rapporto all’arte: i progetti maggiori di Sisto V e di altri pontefici furono di carattere permanente, corrispondenti a esigenze perenni, quali la viabilità e il decoro della città, il prestigio del papato, il gusto del moderno. Ma anche la scadenza venticinquennale era diventata “progetto permanente” della Chiesa romana: un momento ricorrente di verifica, un’occasione privilegiata di propaganda fidei. In pratica, tutta la trasformazione rinascimentale e barocca di Roma può essere messa in rapporto con i Giubilei, purché si eviti di assolutizzare il nesso causale.
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