Il pittore che ha fatto l’Italia
Giotto, grazie anche a una ben organizzata bottega, ha donato alla penisola, e all’Occidente, una identità artistica unitaria
Giotto è un personaggio chiave dell’arte italiana. Dante Alighieri, che era quasi suo coetaneo, lo ammirava; senza Dante forse non avremmo oggi una lingua italiana, come noi italiani la intendiamo. L’Alighieri fu un creatore sommo e quasi solitario della nuova lingua. Giotto invece creò la pittura italiana non soltanto col suo genio, ma con tutta la sua azienda, forse una specie di impresa familiare. I suoi contemporanei scrissero che egli vinse in due mosse la sfida di cambiare l’arte del suo tempo: tradusse la pittura “dal greco in latino”, cioè abbandonò lo stile bizantino (“greco”) e guardò invece ai modelli dell’antichità classica e romana (cioè “latini”), che certo non erano stati dimenticati nel corso del Medioevo ma che egli reinterpretò in maniera assolutamente nuova. E poi si ispirò direttamente alla natura, osservando le immagini del suo tempo: uomini, donne, bambini, animali, città, campagne, vestiti, piante, arredi, attrezzi, insomma tutto ciò che era attuale, cioè “moderno”, proprio come ogni persona poteva vedere intorno a sé.
Come fece tutto questo ancora non lo sappiamo bene. Perché ci riuscì proprio lui e non un altro? È ormai chiaro, però, che accanto al genio artistico Giotto ebbe una straordinaria capacità organizzativa e di insegnamento: non fu un isolato, non lavorò sempre nel medesimo luogo. Come molti artisti del Medioevo, sicuramente aveva una bottega, forse anche un gruppo di collaboratori mobili, una “compagnia” (così allora si denominava un’azienda) composta da più giovani maestri dell’arte e da tecnici specializzati. Con una parte di loro – non necessariamente sempre gli stessi – si spostava in Italia da una città all’altra; ma probabilmente in ogni luogo dove lavorava si faceva affiancare anche da aiutanti presi tra pittori e garzoni locali.
di Pietro Petraroia