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Il nuovo Messale, immagine della Chiesa

Una traduzione aggiornata e le tavole di Mimmo Paladino per la nuova edizione del Messale Romano

Paolo Tomatis
La pubblicazione di un nuovo Messale costituisce un evento importante per la vita della Chiesa, poiché è sommamente importante il dono al cui servizio è posto questo singolare libro liturgico. È il dono dell’Eucaristia, così descritto dal santo papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia (2003): «La Chiesa ha ricevuto l’eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso tra tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza». Ce ne siamo accorti in questo tempo di emergenza sanitaria, quando il dono domenicale dell’Eucaristia non è stato più disponibile in modo scontato. Perché il dono eucaristico possa essere accolto e apprezzato nella sua preziosità e nella sua bellezza, è necessario che la forma della celebrazione sia corrispondente al suo contenuto: di più, è necessario che la forma appaia come il modo concreto attraverso cui il dono è offerto e ricevuto.
Il libro del Messale è uno strumento al servizio di questo dono. Esso custodisce la struttura e l’ordine della forma celebrativa dell’Eucaristia, offrendo un modello per tutta la comunità cristiana. Apparentemente si tratta di un libro destinato solamente al ministro ordinato che presiede l’Eucaristia: chi lo prende in mano e ne sfoglia le pagine durante la Messa è soltanto il presbitero o il vescovo presidente, che vi trova le parole da pronunciare e i gesti da compiere. In realtà il Messale è un libro liturgico che appartiene a tutta l’assemblea celebrante, perché in esso sono indicati i testi che la coinvolgono e i gesti che la riguardano.
Questo ritrovato asse ecclesiale della celebrazione eucaristica costituiva la grande novità del cosiddetto Messale di Paolo VI, pubblicato nel 1970, che la presente nuova edizione ripropone  fedelmente. Il motivo di questa pubblicazione è da ricercare in due eventi accaduti quasi vent’anni fa: una nuova edizione “tipica” latina, la terza, del Messale Romano (2003), che fa da modello a tutte le traduzioni e gli adattamenti che avvengono nel mondo; una nuova Istruzione vaticana (Liturgiam authenticam, 2001), che indica criteri più precisi per la traduzione dei testi liturgici. Dopo un accurato lavoro di traduzione e revisione dei testi, si è finalmente giunti a riconsegnare alla comunità cristiana, in una rinnovata veste grafica e iconografica, il Messale del Concilio Vaticano II e della Riforma liturgica. [...]

 

 

Mimmo Paladino e il segno del mistero

Giovanni Gazzaneo
«L’invito a illustrare il Messale – ci dice Mimmo Paladino – mi ha portato  di  fronte  a  un  compito  delicato  e  complesso.  Mi  sono  trovato  ad  affrontare  qualcosa che non conosco, a entrare in qual-cosa  di  inafferrabile,  e  sono  perciò  grato  ai  liturgisti  che  mi  hanno  accompagnato  in  questa  avventura.  Mi  sono  avvicinato  con  grande  rispetto.  Non  ho  pensato  né  di  illustrare né di decorare, ma di offrire il mio linguaggio, comprensibile a vari livelli di lettu-ra,   per   accompagnare   il   testo   liturgico.   Quando ci si trova faccia a faccia con il Mistero siamo dinanzi a qualcosa che non è raf-figurabile. All’artista si chiede di vedere e far vedere quel che gli altri non vedono, ed ecco che  per  “dire”  l’Invisibile  segni  e  colore  ci  vengono in aiuto». Qual è la relazione tra arte e sacro? «Sono sempre stati in rapporto perché nell’arte è insita una dimensione spirituale. Noto con interesse che la Chiesa in questi ultimi anni si è sempre  più  avvicinata  all’arte  di  ricerca,  oltrepassando  quel  confine,  che  sembrava  invalicabile, dell’arte figurativa e dell’iconografia  legata  alla  tradizione.  Mi  piace  citare  la  cappella di Rothko, esempio sommo di arte astratta,  che  porta  in  sé  la  potenza  della  dimensione spirituale, e la cappella di Matisse, dove  invece  lo  spirito  si  fa  segno,  colore  e  forma... La spiritualità supera naturalmente il  soggetto  raffigurato.  Penso  a  Morandi:  le  sue  nature  morte  colgono  nella  loro  apparente  semplicità  di  forma  e  colore  la  profondità dell’essere perché sono sintesi perfetta  delle  cose,  e  questo  ha  molto  a  che fare con l’Invisibile» [...]