Il mistero del silenzio di Dio
Come insegna Bonhoeffer l’ora della tempesta e del naufragio non segna l’assenza ma la prossimità di Dio
Maria Cristiana Dobner
Quando ci troviamo e ci riconosciamo in quel punto d’incontro fra luce e tenebre, vita e morte che si contrappongono, la parola rimane in gola, non formulata. Regna il male. L’evolversi dei secoli e delle civiltà, nonché delle coscienze di uomini e donne, sembra avvolto in una sorta di bolla contenitore, cui si è dato un nome indefinibile e non sperimentabile nella sua realtà: silenzio.
Seguito poi da un genitivo, si complica e suona enigmatico: silenzio di Dio.
Chi mai è Dio o questo Dio?
Per il fatto stesso che Egli non parla come noi umani e non si fa capire, come noi umani vorremmo, è ancora Dio oppure una trasposizione astratta, creata solo per giustificare un presente che, nelle mani della persona, è come una medusa che punge, irrita e fa ammalare?
Alla persona, toccata con mano l’impotenza assoluta, non resta che affidarsi e lasciare lo spazio all’Altissimo che ci avvolge di silenzio mentre la parola è sperduta nell’immensità del gravame che la colpisce.
Come il linguaggio di Dio vibri nel cuore della persona, dell’Adam, è l’interrogativo che più ha scosso il pensiero e l’esistere dell’humanitas. Resta centrale e ineliminabile lo scontro con il grande mistero, il male, che corrode, inquina e distrugge. Donde sgorga il male? Dove trova il suo potere di irradiazione?
Filosofia e teologia da secoli si confrontano, senza essere giunte a un messaggio esauriente, tale da pacificare la razionalità e da sanare in concreto chi dal male venga fustigato.
Il male che intacca il midollo dell’esistenza e toglie il gusto della vita, si può impedire? Si può svigorirlo?
I piccoli innocenti vengono condannati a perdere le forze fisiche per inedia, mancando del cibo sottratto dalla nostra ingordigia o, peggio, da scelte che antepongono alla loro vita l’invenzione e la costruzione di armi micidiali, torturati nello scintillio del vivere infantile perché sottratti alla presenza dei genitori e gettati nell’angoscia di essere massacrati, angoscia trascinata di ora in ora, di giorno in giorno, proprio come nell’abisso di Auschwitz, che si è dimostrato solo una depravata distruzione, una cenere, grigia e spenta, un vuoto annichilimento?
È legittimo chiederci: tutto questo ha prodotto comunque energia di vita, nuove dinamiche interagenti con la realtà del nostro mondo e dell’aldilà, il mondo dei viventi, sempre presenti a noi, alla nostra storia? Sono ceneri quindi che, paradossalmente, palpitano e donano vita e vitalità?
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