Il canto regale del pane
Dal greco Omero a Derek Walcott, i poeti hanno esaltato il senso di profonda condivisione insito nel cibo
La scena dell’Odissea con cui si apre questa piccola antologia esprime pienamente, potentemente il senso del cibo a livello archetipico, il suo inscindibile legame con la vita dell’uomo. Nutrimento, necessità primaria, innanzitutto. Ma anche simbolo di comunione: il Simposio di Platone, Cristo che siede a tavola con i discepoli e spezza il pane da condividere, la felicità leggera, giovanile, con cui moltiplica il pane e i pesci alla festa nuziale. Il cibo è nutrimento non solo del corpo. Per questo chi ne abusa ne perde il significato, e Dante lo confina senza esitazione nell’inferno. Non fraintendiamo: Alighieri segue la logica (anche teologica) del poema, il che non significa che il goloso sia un peccatore infernale. Ma certo è un uomo che ha perso una percezione equilibrata della realtà, come il suo opposto, l’anoressico. L’amore per il cibo è amore per la vita: l’anoressia inizia con un rifiuto di una cosa, che adombra, e purtroppo spesso poi manifesta, un rifiuto più generale, se non assoluto. Una malattia che esige non solo cure, ma profonda affettività verso la vittima che si allontana, per cause misteriose, dalla vita.
Qui, in uno sfavillio compiutamente primitivo e moderno, quale è la meraviglia dell’Odissea nel suo insieme, vediamo il significato trionfale del cibo nella sfera più alta dello spirito. Ulisse, naufrago e morente, è trovato e soccorso da Nausica, la principessa dell’Isola dei Feaci, popolazione magica, leggera, ridente, immortale, ed è accolto alla reggia del padre, il re Alcinoo. Lo hanno lavato, unto, vestito e ora lo nutrono: come accede alla sala del trono Ulisse, bevuto il vino offerto copiosamente, taglia un pezzo della carne appena arrostita che gli è stata offerta e lo dona al cantore: anche se sono misero e sventurato, prima di toccare cibo ne offro a colui che con il canto e la poesia accompagna questo convito. A colui che dà senso al banchetto, al banchetto della vita, facendo sì che sia un rito di ospitalità, comunità, fraternità, e non una tavolata
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di Roberto Mussapi