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Il Grand Tour dei musicisti

Da Mozart a Mendelssohn, da Liszt a Wagner: per studio prima e per diletto poi i grandi musicisti percorrono l’Italia

​Andrea Milanesi

«Si dice che la luce arrivi dall’Est, ma sicuramente la bellezza arriva dal Sud»: con queste parole, nel suo libro dedicato al compositore Georg Friedrich Händel, il musicologo Paul Henry Lang inizia il capitolo che introduce il viaggio del maestro sassone nel nostro Paese. È infatti dal XVIII secolo che l’Italia rappresenta la meta privilegiata del Grand Tour alla scoperta dei tesori artistici disseminati lungo tutta la penisola, isole comprese. Di una terra musicale per eccellenza, che ha rappresentato la culla del melodramma e che nel corso dei secoli ha dato i natali ad alcuni tra i compositori e gli interpreti, i teatri e le istituzioni musicali più illustri dell’intero pianeta. Il “viaggio in Italia” si è imposto come un’esigenza culturale, quasi un obbligo morale, per intere generazioni di artisti e di studiosi, parte integrante del percorso di formazione e di istruzione, finanche di iniziazione sociale dei rampolli delle famiglie aristocratiche più altolocate.
E Viaggio musicale in Italia è il titolo di un prezioso volume con cui Charles Burney – valente compositore e storico della musica inglese – lascia ai posteri qualcosa di più vivido, variopinto e fondamentalmente diverso dalle cronache o dalle compilazioni erudite già esistenti, decidendo di raccogliere sul posto quelle notizie di prima mano che le biblioteche londinesi non possono procurargli. Una sorta di diario on the road in cui annota scrupolosamente, con vivacità e acume psicologico, i dettagli, gli incontri, gli eventi, i concerti, le rappresentazioni d’opera e tutte le esperienze vissute in circa sette mesi di “pellegrinaggio”, dal luglio al dicembre del 1770, raggiungendo i punti cardinali della vita culturale del Bel Paese. Da Venezia (nelle cui chiese e palazzi risuona l’eco dei capolavori di Vivaldi, Lotti, Galuppi, Alessandro e Benedetto Marcello) e Bologna (dove in un sol colpo incontra il quattordicenne Mozart, la superstar della lirica Farinelli e l’illustre erudito padre Martini), passando per Roma (città in cui celebra l’immortalità dei Concerti grossi di Corelli) e soprattutto Napoli, il cui Teatro San Carlo secondo lui «in fatto di spettacolo supera tutto ciò che la poesia o le storie fantastiche hanno potuto descrivere».
Sulle stesse tracce di Burney si sta muovendo Wolfgang Amadeus Mozart che, al fianco del padre Leopold, esperto teorico e stimato violinista, ha avuto un altro, grande maestro, spesso trascurato da biografi e musicologi: proprio il “viaggio”, che rappresenta una delle esperienze fondamentali dei primi anni di vita del genio salisburghese. Già da bambino, all’età di sei anni il “Maestrino” inizia a girare il Vecchio Continente, esibendosi indifferentemente come un fenomeno al pianoforte o al violino tra Monaco e Vienna, Bruxelles e Parigi, Londra e Amsterdam. Ma l’Italia è una meta con un significato diverso; nella patria del melodramma, della musica sinfonica e del repertorio sacro,
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