I volti moderni del mecenatismo
Famiglie che creano fondazioni: sostegno all’arte, nuovi musei, innovativi progetti educativi e filantropici. Con un comune denominatore: l’uomo sia al centro
Leonardo Servadio
Interpretato nella tradizione dell’umanesimo che in Italia ha avuto la sua culla, il mecenatismo anche ai nostri giorni si impernia sulla passione per la bellezza, in tutte le sue espressioni, a partire da quella artistica. Molte sono le persone che dedicano buona parte del loro patrimonio a raccogliere testimonianze dell’umana creatività e si impegnano anche a farne un veicolo di conoscenza condivisa, di dialogo e di sensibilizzazione. È l’imprenditoria applicata alla promozione della bellezza. Non sono pochi gli organismi che si muovono in questa direzione: per esempio la Fondazione Prada, che negli spazi ricavati in una ex distilleria a Milano, oltre a mettere in mostra la collezione permanente, organizza esposizioni ed eventi a tema, come “Recycling Beauty”, dedicato a esplorare il riuso di antichità greche e romane in epoche successive. Ossia, mostrare in che modo la tradizione si dipana nel corso dei secoli fertilizzando l’evolversi della cultura. È questo un tratto caratteristico di chi si dedica al mecenatismo: la coscienza dell’importanza dell’eredità intesa non come possesso da trasmettersi nel chiuso della famiglia, ma come patrimonio comune da coltivare perché resti quale fondamento del vivere sociale nonché come testimonianza di culture diverse, anche lontane, ma che attraverso l’arte possono essere avvicinate e conosciute.
Rilevante al riguardo è la capacità di accertare l’autenticità degli oggetti, soprattutto di quelli antichi: che non siano frutto di occhiute macchinazioni imitative per fini speculativi. Qui entra in campo la famiglia Matthaes, da generazioni specializzata nell’analisi dei lavori artistici. Peter Matthaes, direttore del Museo Arte e Scienza di Milano, continua l’attività fondata da Gottfried, suo padre, che ha dato vita al laboratorio per individuare i falsi in antiquariato e ne ha fatto anche uno strumento didattico: «Accanto all’attività di analisi per l’accertamento dell’autenticità delle opere - riferisce - proponiamo un percorso didattico, aperto anche alle scuole, in cui attraverso esercizi adatti a ragazzi di diverse età si impara a capire come distinguere un vero da un falso». E questo ha luogo accanto alle sale del museo in cui sono esposte opere raccolte in diverse parti del mondo, in particolare Africa e Asia. «L’atmosfera qui è tale da prestarsi anche quale scenario adatto per esposizioni, come la recente “Donne in Bilico” con fotografie scattate da Anna Alberghina a donne che in diverse parti del mondo incarnano le tradizioni da cui provengono, cui si associano eventi di giovani compagnie teatrali che presentano dialoghi tra figure femminili risalenti al mito: Medusa e Cassandra, Clitemnestra e Penelope, Ecuba e Medea, Ifigenia e Andromeda». Così un piccolo museo milanese diviene luogo di promozione artistica interdisciplinare e diacronica, nonché di didattica e formazione.