I volti di Seul, fenice coreana
Energia e voglia di futuro animano la capitale della Corea del Sud Ma non mancano le contraddizioni
due turiste riposano sul bordo del lago che fronteggia Palazzo Gyeongbokgung
Nel centro di Seul c’è un fiume azzurro e viola che di notte si popola di amanti. Non solo. Le luci colorate illuminano le famiglie, i bambini giocano con l’acqua delle cascate, i giovani cantanti rallegrano l’atmosfera. Si chiama Cheonggyecheon ed è l’angolo più affascinante della capitale coreana, molto più interessante delle pagode nei parchi reali di Gyeongbokgung o degli arditi grattacieli di Gangnam. Il Cheonggyecheon è un vecchio torrente sul quale anni fa passava una strada asfaltata: il cemento è stato tolto, il corso d’acqua ripristinato e il fiumiciattolo ha ricominciato a scorrere placidamente. Così è diventato un angolo urbano incantevole, simbolo di una metropoli che sa gestire sapientemente i propri spazi. Emblema di una città sempre più alla moda che tende sì verso il nuovo (si pensi ai razionali spazi del museo Leeum o all’incredibile Università Femminile Ewha, disegnata dall’architetto Dominique Perrault) ma sa conservare gelosamente un passato vecchio di quindici secoli. A due passi dal torrente recuperato sorge ancora il Chongyeuchong, un tempio del XIV secolo. Se si salgono le scale e ci si avvicina al cancello, si intravede l’antica campana che veniva suonata alla chiusura delle porte medievali. Negli ultimi sessant’anni, poi, Seul ha realizzato un sogno: rinascere dalle proprie ceneri, come la fenice. Diventando un esempio per molti Paesi in via di sviluppo e offrendo un modello di crescita studiato ovunque......
di Alessandro Gandolfi