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I Capuccini a Monterosso un convento sempre nuovo

Quella dei cappuccini a Monterosso è una storia di rinascite: una testimonianza radicata nel paesaggio delle Cinque Terre

​Giovanni Gazzaneo

Vivere la bellezza è conquista o privilegio. Abitare la bellezza generata dalla fede può essere solo dono. Un dono che viene offerto a chi sale, rigorosamente a piedi per centocinquanta scalini (altro modo non c’è), al convento di Monterosso al Mare, prima (se si giunge da Nord, o ultima se si arriva da Sud) delle Cinque Terre. Si sale al convento come si sale a Gerusalemme: un luogo sacro, anche quando è pianura, chiede sempre elevazione. Posto sul colle – un tempo di San Cristoforo, a cui era dedicata la prima parrocchiale, e ora dei Cappuccini – domina il golfo e permette allo sguardo di abbracciare tutti e cinque i borghi e i promontori che affondano nel mare. Terrazzo sull’infinito, gli abitanti di Monterosso lo hanno denominato “Paradiso dei frati” per la bellezza che offre e anche per l’inaccessibilità dovuta alla clausura di un tempo. Il silenzio regna in questo abbraccio tra cielo, terra e mare che non è un sentimento ma uno stato di grazia. Oggi nel convento non c’è più una comunità ma un solo frate, padre Renato Brenz Verca, che, insieme a tanti amici laici, ha fatto rinascere questo luogo perché la bellezza sia annuncio e l’annuncio bellezza. Un luogo aperto a tutti, per camminare nello spirito, per crescere nella fede e nella conoscenza, per fare una vacanza dove l’anima… non vada in vacanza, per condividere la stessa tavola, e i prodotti che questo pezzo di paradiso offre. Qui ci si immerge semplicemente nella bellezza, la si respira, la si contempla e infine si rinasce. Ed è una vera festa: perché la vita interiore è la vita stessa di Dio e non c’è gioia più grande.
Il convento fondato dai francescani ha compiuto da poco i quattro secoli di storia e ha vissuto tanti momenti bui e altrettante rinascite. La sua fondazione è nel nome della pace. Il paese di Monterosso, alla fine del XVI secolo, è diviso in due fazioni sempre in lotta fra loro, tanto che la Repubblica di Genova pensa di deportare la popolazione in Corsica. Frate Vincenzo, cappuccino, invitato per il Quaresimale, ha una soluzione migliore rispetto alla migrazione forzata: converte i cuori e porta la pace. Come racconta Luciano Grasso in una poesia in dialetto: 400 anni fa i Munterussin / i l’ea tuti sciatà / nisciü u e pueva carmà / tantu che in Corsega Zena / a e vureva esilià ma / in tempu de caescima / frate Vincenzo cun prediche / e tante preghee u già chetà (400 anni fa i Monterossini / erano tutti agitati / nessuno li poteva calmare / tanto che in Corsica, Genova / li voleva esiliare ma / nel tempo di Quaresima / frate Vincenzo con prediche / e tante preghiere li ha calmati).
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