Luoghi dell' Infinito > Hammershøi interno giorno

Hammershøi interno giorno

A Rovigo la prima in mostra in Italia dedicata al pittore danese. Stanze silenziose dipinte in una gamma di grigi, dove aleggia il mistero

​Paolo Bolpagni

Nei manuali scolastici e universitari non è nemmeno citato, benché sia stato uno dei massimi pittori della fine dell’Ottocento e del primo quindicennio del XX secolo. Celebre in vita, non solo in Danimarca ma in molti Paesi europei, fu poi pressoché dimenticato nell’arco di pochi decenni. Non incasellabile, né modernista né antimodernista, impossibile da ridurre a una lettura ideologica. Fino a quando, negli anni ’80 del secolo scorso, diviene oggetto di riscoperta, prima lentamente e poi con un’accelerazione vertiginosa che lo ha posto al centro dell’attenzione dei principali musei – e della speculazione del mercato. Stiamo parlando di Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864-1916), al quale Palazzo Roverella di Rovigo dedica la prima retrospettiva mai realizzata in Italia.
Il linguaggio artistico di Hammershøi è inconfondibile. I ritratti intimisti e antipsicologici, talvolta persino di spalle, le vedute urbane deserte e silenziose, i paesaggi naturali essenziali e spogli, ma soprattutto gli interni domestici ordinati e disadorni, animati al massimo da una presenza umana, con la luce che filtra dalle finestre, siano esse visibili o nascoste all’osservatore, ovvero esterne alla composizione. E poi l’assenza di movimento e la scelta di colori castigati, perlopiù gravitanti su toni cinerei e bruni. Ecco i suoi tópoi ricorrenti. È un repertorio volutamente limitato. La sensibilità introspettiva; l’austerità luterana delle enigmatiche e apparentemente tranquille abitazioni borghesi emananti un fascino metafisico; l’angoscia trattenuta del vivere quotidiano, calato in un’inspiegabile atmosfera di sospensione e attesa; il mistero della figura femminile, incarnata dapprima dalla sorella e dalla madre, e poi soprattutto dalla moglie Ida Ilsted, con la complessità di un mondo interiore che in fondo resta inaccessibile: questo trapela dalle opere di Hammershøi, che peraltro non conoscono grandi evoluzioni e cambiamenti, né particolari fasi e scarti stilistici.
Dopo gli esordi, l’importante viaggio del 1887 nei Paesi Bassi e in Belgio, la realizzazione nel 1888 del primo Interiør privo di figure e i soggiorni a Parigi (1889 e 1891-1892) e in Veneto, Emilia e Toscana (1893), con l’acquisizione di una personale nozione di classicità e di nitore quattrocentista, si può affermare che la pittura di Hammershøi sia ormai delineata, e che non subirà, sino alla fine della sua carriera nel 1915, che piccoli aggiustamenti, senza modifiche né sviluppi eclatanti, estrinsecandosi in composizioni semplici e rigorose, pervase da una quiete arcana e un po’ malinconica.
[...]