Luoghi dell' Infinito > Guardare oltre il nemico

Guardare oltre il nemico

Immanuel Kant è il primo a definire lo stato di pace come una istituzione da costruire attraverso un’autorità mondiale

​Franco Cardini

“Pace a questa casa”; “La pace sia con voi”; “Pace e bene”. Le pericopi evangeliche e l’augurio fran­cescano risuonano ancora nelle nostre coscienze, e nelle vive e sincere aspirazioni di tutto il mondo. Pochissimi fra noi sarebbero forse capaci di definire lucidamente il concetto di pace in termini filosofici, storici, intellettuali: eppure ciascuno di noi intuisce, anzi sa, che la pace è la perla rara, il tesoro nascosto nell’intimo dei nostri cuori e il sole che illumina lo spazio e il tempo, l’istante fuggente e l’eternità. La pace che ci scalda e ci rinfranca: il riposo dei forti, il conforto dei deboli.
Eppure, un forte elemento di ambiguità penetra in questo quadro così confortante e luminoso. Si fa presto a dire “pace”: più difficile – e i giorni presenti lo confermano – volerla sul serio e costruirla davvero. Quale pace?
«Vi lascio la Pace; vi do la mia Pace: non quella che dà il mondo». Così dice Gesù Cristo. Tutto ciò strappa la pace dal contesto di assolutezza che di solito le attribuiamo, e la riconduce a quella relatività che caratterizza tutte le cose della storia umana. La Pace piena, assoluta e divina offerta dal Salvatore è quella del­l’amorosa armonia fra il Creatore e l’universo, così mi­rabil­mente espressa nel Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi. Il termine latino pax, imparentato con pactum, esprime l’idea di un accordo tra due parti fondato sulla reciproca rinunzia a prevalere e sulla disponibilità a concedere qualcosa alla controparte in vista di un comune vantaggio. La lingua ebraica, al riguardo, è più precisa. Da una parte il concetto di shalôm (in arabo salam) è la pace perfetta, indice dell’accordo profondo tra Dio e uomo; dall’altra, quello di berith è sinonimo di accordo, di contratto, per sua natura soggetto alla mutabilità delle cose umane.
«Con la pace, tutto si può salvare. Con la guerra, tutto è perduto». Le guerre, le perdono tutti. Teniamolo bene a mente, soprattutto oggi, il lucido e accorato appello di papa Pio XII alla vigilia del quel secondo conflitto mondiale che vide cristiani cattolici, schierati su entrambi i fronti, pregare il medesimo Dio per la rispettiva vittoria senza minimamente cogliere il carattere ossimorico di quella preghiera. E da entrambe le parti si benedicevano le armi e le bandiere pregando per il conseguimento di quella vittoria il massimo premio della quale era pur sempre, contraddizione nella contraddizione, il ritorno della pace.
[...]