Georges de La Tour e il mondo al lumicino
Il misterioso pittore francese è protagonista di una mostra in Palazzo Reale a Milano
Elena Pontiggia
Georges de La Tour, chi era costui? Oggi è considerato uno dei maestri della pittura francese del Seicento, e all’epoca godeva di una vasta fama, ma subito dopo la sua scomparsa – sic transit gloria mundi – è caduta su di lui una coltre di oblio durata tre lunghi secoli, tanto che nel 1883 il conservatore del museo di Nantes poteva scrivere: «Sarebbe curioso e interessante scoprire qualche elemento su questo grande artista totalmente sconosciuto, di cui non si trova il nome da nessuna parte».
Il fitto banco di nebbia si dirada solo nel 1915, quando Hermann Voss, uno dei massimi studiosi tedeschi del Barocco, scrive un breve saggio nel quale riconduce tre dipinti che aveva visto in Francia a un certo Georges Dumesnil de La Tour. Erano i primi attribuiti all’artista, di cui all’epoca non si conosceva altro. Da allora si sono moltiplicate le ricerche su questo maestro che, muovendo da Caravaggio, ha dato vita a un’originale interpretazione della pittura impostata sulla luce artificiale. Georges de La Tour, insomma, è stato un maestro del notturno.
Ma non solo. La sua pittura lega una dimensione realistica a una metafisica. Da un lato infatti l’artista dipinge in modo magistrale gli effetti di luce che provoca una candela, visibile o nascosta, libera o schermata, nel buio. Studia come rendere la luce che si riflette sul volto di chi tiene in mano il cero o gli è vicino, e il modo in cui figure e cose più lontane sono illuminate, mentre il resto dell’ambiente rimane immerso nel buio. In questa ricerca artistica e quasi scientifica si insinua però un significato simbolico. Come non riflettere, vedendo le sue opere (come, del resto, quelle del Caravaggio), sulle tenebre in cui l’uomo cammina? Come non pensare, di fronte a quella oscurità, all’oscurità in tutti i sensi, al male?
La Tour, si intende, non è soltanto pittore di notturni: numerosi sono i suoi dipinti “in chiaro”. Eppure la sua memoria rimane legata ai primi: soprattutto a quel volto di bambina che nei suoi quadri si illumina come una piccola luna nel buio della notte; oppure a quelle scene in cui le cose più semplici acquistano una misteriosa maestosità.
Di Georges de La Tour è in corso a Milano una grande mostra, la prima in Italia, curata da Francesca Cappelletti e Thomas Clement Salomon. Francesca Cappelletti, tra l’altro, è la studiosa che anni fa, con una giovane collega, ha scoperto i pagamenti dei marchesi Mattei, nobili collezionisti e mecenati romani, in favore di Caravaggio. Le sue ricerche, in questo modo, hanno permesso di disporre di una cronologia inoppugnabile delle opere dell’artista e, più tardi, hanno facilitato l’identificazione di un anonimo quadro della National Gallery of Ireland di Dublino con La cattura di Cristo di Caravaggio (sulla vicenda Jonathan Harr ha scritto un libro avvincente come un romanzo giallo). (...)