Firenze alla svolta della storia
Il tempo di Giotto coincide con l’apogeo della città e con l’avvio del lungo inverno che sconvolgerà l’intera Europa
Era quasi coetaneo di Dante, nato nel 1265, più o meno due anni prima di lui, e che lo avrebbe celebrato come il più grande pittore della sua città e del suo tempo, superiore anche a Cimabue. Le vite del grande poeta e del grande pittore, in quell’età e in quella terra così felici e ricche di geni, si svilupparono contemporaneamente: Dante sarebbe morto cinquantaseienne nel 1321; un po’ più fortunato di lui Giotto, che era più o meno del ’67 (ma una parte della critica pone ancora la sua nascita al 1276, seguendo la cronologia fornita dal Vasari), e morì l’8 gennaio del 1337. In ogni caso, una sessantina o settantina d’anni, nel primo Trecento, era una vita discretamente lunga.
Entrambi vissero l’epoca forse più prospera e felice della loro città e una delle migliori nella stessa storia d’Europa. Si era in un periodo di riscaldamento del pianeta, le buone annate agricole si susseguivano e di conseguenza la lunghezza della vita media era aumentata e la qualità migliorata, con un conseguente generale incremento demografico. Questa fase di optimum climatico si era avviata verso la fine del X secolo e si sarebbe protratta fin verso la fine del Duecento; solo col secolo successivo si sarebbero cominciate ad avere, con l’inizio di una serie di annate cattive e quindi di carestie, le prime avvisaglie dell’arrivo di un pessimum che sarebbe durato più o meno sino a metà Settecento, culminando nella crisi di freddo cinque-seicentesca, nota come “la piccola era glaciale”. Il tristo annunzio di tempi più duri, dove al ciclo di carestie e di epidemie si sarebbero accompagnate guerre continue, lo avrebbero segnato due eventi: l’alluvione del 1333, che avrebbe travolto anche il Ponte Vecchio, e la peste del 1348, che si era già avviata uno o due anni prima tra Asia e Vicino Oriente e che sarebbe durata fino al 1352.
di Franco Cardini