Dante, la parola che sale
Molto più di un’opera-mondo, la Commedia è un’opera-universo. Lo sa bene Dante. Tutto sgorga dal «poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra». È la forza che lo rende eternamente attuale, anche in un tempo come il nostro, così lontano da quello dell’Alighieri. Dante è il poeta “necessario” oggi, nel cambiamento d’epoca che viviamo. Questa opera-universo, così disallineata rispetto ai punti cardinali del nostro presente, può essere l’opera-bussola, quella che indica non la stella polare, ma quell’Oltre che muove quella e tutte le altre stelle. L’opera-bussola per non smarrirci, e trovare il bene anche dove tutto pare oscuro e confuso. Il numero 262 di “Luoghi dell’Infinito”, in edicola da martedì 1 giugno con “Avvenire”, è una monografia da collezione dedicata ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, il “divin poeta”. Sono due gli editoriali. Nel primo Giovanni Gazzaneo, coordinatore della rivista, riflette sulla dimensione popolare e mistica di Dante. Nel secondo Andrea Riccardi, presidente della Società Dante Alighieri, dipinge l’immagine del poeta che ha forgiato l’identità italiana attraverso la lingua. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, a partire dalla lettera apostolica Candor lucis aeternae di papa Francesco, delinea alcuni temi dell’opera di Alighieri, poeta del cielo e della terra: «Il poema dantesco è un’opera suprema per la sua straordinaria capacità di tenere insieme la pluralità delle conoscenze umane e delle discipline: teologia, filosofia, scienza, storia, politica, s’intrecciano in un’armonia perfetta che si estende anche ad approcci apparentemente agli antipodi tra loro. Pensiamo all’euritmia mirabile tra la poesia purissima e la più raffinata speculazione teologica. Oppure allo straordinario connubio tra l’assoluta creatività del genio poetico e lo stampo rigido dell’endecasillabo e della rima, come accadrà in maniera analoga nell’eccezionale consonanza tra l’impeccabile e sofisticata tecnica musicale di Bach e le sue affascinanti architetture melodiche». Anche Carlo Ossola, dantista insigne e presidente del Comitato nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, muove dal pontefice per farci da guida attraverso il capolavoro: «Come avrebbe voluto Dante che noi leggessimo il suo poema? Come dobbiamo oggi leggerlo? Nella Divina Commedia è descritto un itinerario che chiede di essere compreso, ma anche – come scrive papa Francesco – “di essere in certo qual modo imitato, di farci suoi compagni di viaggio”. Occorre dunque munirci di uno sguardo capace di abbracciare l’infinito o piuttosto di lasciarci assorbire nell’infinito». Ma in quale tempo visse Dante? Ce lo racconta lo storico Franco Cardini, che delinea – tra una Firenze preda della lotta tra fazioni e un’Italia divisa tra papato e impero – uno scenario ricco di chiaroscuri ma anche di violenza. Antonio Paolucci individua nell’Alighieri il padre della sua stessa disciplina, la storia dell’arte. Nel canto XI del Purgatorio, dove si discute di Giotto e Cimabue, infatti, Paolucci riconosce in Dante «una sensibilità da storico dell’arte, di chi cioè è consapevole della genesi e dei caratteri distintivi dei fenomeni figurativi». A Sergio Givone spetta il compito di tratteggiare i fondamenti della filosofia dantesca, il cui pilastro è l’amore: un tema poi ripreso e approfondito sotto il profilo teologico e nella specificità delle figure femminili da Pierangelo Sequeri. Un altro storico dell’arte, Antonio Natali, delinea invece il profondo rapporto che lega Dante e il battistero di Firenze, «il mio bel San Giovanni». Dante padre della letteratura italiana può anche essere un amico: così ce lo racconta Antonia Arslan. Oppure, ed è il tema dell’articolo di Andrea Milanesi, può essere una fonte per i compositori lungo sette secoli, lui che mette la musica al centro di tante sue pagine. E c’è anche un Dante astronomo e “geometra” di intuizioni sorprendentemente moderne: ne scrive l’astrofisico Marco Bersanelli. Di nuovo Franco Cardini ricostruisce i rapporti e i debiti danteschi con la cultura islamica, mentre Vittorio Robiati Bendaud delinea quelli con la comunità ebraica in Italia, la quale tra l’altro prenderà la Commedia come modello per viaggi ultraterreni in chiave giudaica. Se l’architettura del viaggio ultraterreno è al centro del testo di Maria Antonietta Crippa, Alessandro Zaccuri insegue l’eredità dantesca nel cinema novecentesco. Il teologo Giovanni Cesare Pagazzi propone una riflessione sull’“età di mezzo”, il periodo della vita in cui Dante inizia il suo viaggio. Giuliano Vigini ci introduce al sistema numerico e simbolico che si irradia in tutta la Commedia. Silvano Petrosino si fa strada nella «caligine del mondo». Nelle pagine finali troviamo una bibliografia ragionata, di Vigini, sulle novità dantesche pubblicate in occasione del centenario, e una guida alle mostre principali, a cura di Luigi Marsiglia, realizzate in tutta la penisola. La monografia si chiude nel segno della poesia con Anna Maria Cànopi, un testo inedito della compianta madre badessa, in cui la parola poetica si fa carico di commentare e dare eco di preghiera al grandioso Inno alla Vergine, viatico ultimo alla visione celeste.