Come era lo sguardo di Gesù
Dall’incontro con gli occhi della madre all’a tu per tu con Giuda, una mappa del guardare di Cristo
Timothy Verdon
«Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci…?». Così il profeta Abacuc (1,13) formulava la domanda di ogni credente che vede trionfare il male. Se Dio è onnisciente e onnipotente, se anche Lui vede quanto vediamo noi, perché non reagisce, perché non punisce? La questione teorica dello sguardo divino s’incrocia, cioè, con la realtà sofferta dello sguardo umano, suscitando perplessità. «Perché mi fai vedere l’iniquità» chiede ancora Abacuc «e resti spettatore dell’oppressione?» (Ab 1,3). Dio allora finalmente risponde, dando al profeta «una visione che attesta un termine, [che] parla di una scadenza e non mente», e ammonisce: «Se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà» (Ab 2,3). Questo atteso termine – questa scadenza verace – fu l’uomo Gesù, in cui Dio smentì per sempre quanti lo ritenevano un mero spettatore. Perché nella passione e morte del suo Figlio, Dio ha affrontato di persona l’iniquità, facendosi carico dell’oppressione subita dagli uomini.
Com’era allora lo sguardo di Gesù? Quali messaggi trasmetteva? Che impatto aveva su chi lo incontrava? A questi interrogativi gli artisti hanno risposto in vari modi. Per molti secoli – e ancor oggi nella tradizione orientale – hanno attribuito al Salvatore «gli occhi fiammeggiati come fuoco» di cui parla l’Apocalisse (2,18), immaginando l’implacabile sguardo di «Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini» e che li giudica (2,23). Questo è lo sguardo del Pantocratore della tradizione bizantina – il Cristo in mosaico delle cattedrali di Cefalù e Monreale, della Primaziale pisana e del battistero fiorentino. Anche Giotto, quando immagina Gesù che guarda negli occhi di Giuda mentre questi lo tradisce con un bacio, evoca il Dio “dagli occhi così puri” da non poter vedere il male. I due volti di profilo – uno nobile, l’altro vile – e i due sguardi che s’intrecciano, sembrano voler illustrare la risposta di Dio ad Abacuc: «Vedo l’iniquità anch’io, e non solo da spettatore». Il Cristo di Giotto si lascia abbracciare dal male, infatti, fino al punto che, avviluppato dal manto giallastro del Traditore, solo lo sguardo rimane a testimoniare la sua rettitudine.
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