Cardini di salvezza
Breve storia attraverso testimonianze, aneddoti, tradizioni, significati del rito che apre e chiude i Giubilei
Tutti elementi di novità sufficienti a farci capire che più che varcare simbolicamente una soglia (un rito comunque rilevante, non un mero omaggio alla tradizione), si tratta soprattutto di abbandonare l’uomo vecchio per l’uomo nuovo. Sperimentando, come afferma la Misericordiae vultus, «l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza». Infatti, se è vero che la simbologia della Porta si palesa attraverso una sorta di codice universale presente in civiltà antiche e moderne (la porta separa il mondo delle tenebre da quello della luce, impedisce o consente l’accesso al Mistero, all’Assoluto, al Trascendente), nel significato peculiare del rito cristiano la Porta è Cristo stesso che introduce nella città celeste, che perdona le colpe e rimette le pene. Tra i segni giubilari di sempre per eccellenza – come l’indulgenza, Roma, la professione di fede, la carità, il pellegrinaggio, del quale ha costituito la meta agognata – la Porta Santa rimanda innanzitutto alle parole di Cristo «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10, 9). Non a caso giunto davanti alla Porta il papa prima di spingere per aprirla pronuncia i versetti “Aperite mihi portas iustitiae”.
Ma quando nacque questo rito? Quale la sua prima attestazione nella storia?
di Marco Roncalli