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Campanili, castelli e risaie di Lomellina

Dai Longobardi agli Sforza, il territorio è ricco di testimonianze architettoniche e di un’agricoltura che deve molto al genio di Leonardo

​Franca Porciani

«L’occidente lombardo incastona nell’oriente piemontese una terra d’acqua, che definisce i suoi confini con la linea dei fiumi Po a Sud, Sesia a Ovest e Ticino a Est. Terra geometrica, suddivisa in un’infinita serie di quadrati, triangoli, rettangoli fatti di pertiche seminate a riso, a mais, abitate dai pioppi, segnate dalle rive, nel silenzio interrotto soltanto dallo sciabordio costante di una chiusa che regola il flusso delle acque…». Così lo scrittore Angelo Ricci descrive la sua Lomellina, terra di confine fra il Piemonte e la Lombardia, immersa nell’acqua che proviene dai fiumi e dalle risorgive che raccolgono il deflusso dei ghiacciai, disegnata dall’agricoltura, punteggiata di paesi, chiese, castelli, monasteri. Un paesaggio antico e quasi immobile da secoli, da quando la rivoluzione leonardesca creò il sistema dell’irrigazione moderna. Pianura e ancora pianura, tratteggiata da strade immerse nel silenzio, d’inverno in nebbie quasi impenetrabili.
La Lomellina, quando ci si arriva la prima volta, colpisce per la luce trasparente, i poligoni delle risaie, l’improvvisa visione di aironi e falchi, gli stranissimi dossi, montagnette di sabbia giallo ocra che sembrano dune coperte di arbusti, ancora ben visibili nell’area di San Giorgio, il paese che vanta il campanile (completato nel 1767) più alto della zona, settantasei metri, così da superare quello del vicino Ottobiano, alto “soli” cinquantacinque (ma non dimentichiamo quello di Mede, alto sessantatré metri, costruito nel 1900 in cotto e pietra, curiosamente simile al campanile di piazza San Marco a Venezia).
Terra anticamente abitata dai Liguri, colonizzata dai Romani, che costruirono la strada che collegava Pavia (Ticinum) alle Gallie e crearono una  “mansio”, un luogo di sosta, Laumellum, appunto, che poi darà il nome all’intera regione. La Lomellina secondo la tradizione locale ebbe il privilegio di ospitare l’apostolo Pietro, che partito da Roma vi avrebbe predicato il Vangelo nel suo viaggio verso la Francia. Seguirono tempi bui, tormentati dalle invasioni barbariche – Visigoti, Unni, Vandali – e dalla guerra fra gli Eruli di Odoacre e gli Ostrogoti di Teodorico. Dopo scorrerie e distruzioni, la stabilità arrivò con la dominazione longobarda, iniziata intorno al 570 (durerà due secoli, ma non porterà prosperità). Di quest’epoca lontana, che tanto influì sulla Lomellina, incontriamo una testimonianza a Lomello – che del regno longobardo fu un centro importante, una sorta di residenza di villeggiatura –, dove, accanto ai muri rossastri dell’imponente basilica di Santa Maria Maggiore, troneggia il battistero di San Giovanni ad Fontes. È il monumento più prezioso della dominazione longobarda, con un fonte battesimale del V-VI secolo a forma di esagono irregolare, con la vasca a immersione per il battesimo di rito ariano (il processo di conversione al cattolicesimo avvenne intorno alla metà del VII secolo).[...]