Bibbia, campo di battaglie
L'Antico Testamento è attraversato dalla “guerra santa”: per comprenderne il senso, al di là delle interpretazioni letterali vanno ricercate le chiavi ermeneutiche
Gianfranco Ravasi
In un suo saggio del 1978 l’esegeta Raymund Schwager osservava che nell’Antico Testamento «nessun’altra attività o esperienza umana è menzionata così spesso come la violenza, più del lavoro, dell’economia, della famiglia, della sessualità, della natura, della scienza». E continuava elencando più di seicento passi che ci informano sul fatto che «popoli, re o singoli individui hanno attaccato altri, li hanno annientati o uccisi», più di mille passi in cui è l’ira di Dio a scatenarsi «punendo con la morte, la rovina, con fuoco divorante, giudicando, vendicando e minacciando l’annientamento» e più di seicento passi in cui è il Signore stesso a «ordinare espressamente di uccidere uomini».
Di fronte a questa massa sanguinaria di dati parrebbe inevitabile approdare alla conclusione di un famoso esegeta del passato, Julius Wellhausen (1844-1918), che non esitava ad affermare che «il campo di battaglia fu non solo la culla della nazione, ma anche il suo più antico santuario: là era Israele, là era Jahweh». Noi ora nel vasto orizzonte della violenza storica registrata soprattutto nell’Antico Testamento, a cui abbiamo già dedicato un intero saggio (La santa violenza, Il Mulino 2019), offriremo solo qualche esempio specifico e soprattutto un’interpretazione corretta, non letteralista e quindi fondamentalista di quei dati.
Inizieremo con la strofa di un Salmo di tarda datazione: «Acclamino i fedeli nella gloria, / facciano festa sui loro giacigli. / Le lodi di Dio sulla loro bocca, / la spada a doppio taglio nella loro mano / per far vendetta tra le genti (gôjîm), rappresaglie contro le nazioni, / per stringere in catene i loro re, i loro nobili in ceppi di ferro, / per eseguire contro di essi il giudizio già scritto: / questo è un onore per tutti i fedeli!» (149,5-9). Presentati come sacerdoti della guerra santa, i fedeli protagonisti del Salmo sono gli eredi di quella santa violenza che – come si diceva – pervade non poche pagine dell’Antico Testamento e che ha creato molte difficoltà alla stessa tradizione teologica cristiana, talora tentata «ereticalmente» (pensiamo ai Manichei e a Marcione) di rimandare l’intero Antico Testamento sotto l’egida di un Dio negativo e violento, dualisticamente opposto al Dio cristiano dell’amore.
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