Architetture per un nuovo spirito
Nel nome di san Francesco, e forse anche in contrasto con lui, i Minori hanno saputo scrivere una delle più belle stagioni della storia dell’arte
Maria Antonietta Crippa
L’umile scelta di una povertà radicale nell’alveo della fedeltà alla Chiesa, esplosa come ideale di vita in Francesco, convogliò e insieme superò con sorprendente rapidità le aspirazioni contradditorie di molti movimenti religiosi coevi. Si trattò di una proposta ideale di perfezione immediatamente incidente nella realtà quotidiana. Interrogò pertanto anche senso e forme di luoghi di vita, in case e città, implicando da subito le due attività che caratterizzano da sempre l’architettura: l’abitare e il costruire. Fu evento di conversione intima e sociale insieme, un fermento luminoso e inquietante che ha percorso i secoli fino a noi.
L’abitare, esercitato indistintamente da tutti gli uomini, e il costruire, specialistico soprattutto nelle sue espressioni eminenti, vennero allora spinti a portare in primo piano la propria originaria e comune inerenza alla condizione corporea dell’esperienza umana in cui convergono mente e cuore, ragione e affezione. Non fu cosa di poco conto, infatti, la doppia primigenia decisione di Francesco di restaurare chiese in rovina nel suo territorio e insieme di abitare con i confratelli in povere celle, ai margini dell’abitato urbano cui tornare di continuo per predicare a tutti la buona novella. Si trattava di una ri-fondazione in Cristo della vita comunitaria senza azzeramenti o distruzioni, senza violenza, al contrario solo costruttiva e umilmente pacifica e gioiosa.
Con Romano Guardini e con Hans Urs von Balthasar potremmo dire che si trattò dell’esperienza originaria di centratura della vita personale nella divinità e umanità di Cristo dall’interno della continuità di quella della Chiesa. L’evidente paradosso, che legava ri-fondazione e continuità, parve a Francesco ideale perseguibile: univa senza soluzione di continuità imitazione di Cristo, passione per i fratelli, per tutti gli uomini, fiducia nella Chiesa. Era costruzione finalizzata a un abitare cristiano della Terra che riguardava necessariamente anche i modi, le forme dell’architettura. Occorreva però che alcuni mostrassero la via. Scrisse il santo nel Testamentum: «Si guardino i frati nel modo più assoluto dall’accettare chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non siano come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini».
Fu sul modo di intendere la “santa povertà” che l’ideale francescano venne messo alla prova. Più o meno confusamente percepiamo che esso riguarda anche noi oggi, il nostro modo di abitare e di costruire, il nostro modo di intendere le architetture grandi e piccole, precarie e monumentali. Questo accade perché la corporea consistenza degli edifici, che prolunga e oggettiva la nostra, veicola l’inevitabile apertura del nostro vivere al mistero. Ma solo se si coglie questo suo essenziale fondamento metafisico - che trascende funzionalismo ed estetica oggi troppo auto-fondati - possiamo comprendere quello che scrive scrive l’architetto finlandese contemporaneo Juhani Pallasmaa: «L’architettura riflette, materializza e immortala idee e immagini di vita ideale. Edifici e città consentono di ordinare, capire e ricordare il flusso senza forma della realtà e, in ultima istanza, di riconoscere e ricordare chi siamo» (Gli occhi della pelle, 2007).
Dunque è essenziale che, perché sia pienamente umana, l’architettura venga concepita nella doppia saldatura tra senso religioso del vivere e sua concreta inerenza alle istituzioni umane che strutturano la vita civile. Non è pertanto casuale che la santità di Francesco sia stata coinvolta in questo dinamismo espressivo incidendo, con la sua provocazione, come un pungolo nelle prove a chiaro scuro di una storia pluricentenaria dell’abitare della famiglia francescana, della quale è quanto mai proficuo far memoria. Di essa riprendo qui il tratto coincidente con la prima metà del Trecento, il più vicino alla vita di Francesco, subito segnato da contrastanti esiti che emersero a tutto tondo innanzi tutto in Assisi.
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