Anno della Misericordia, nessuno è escluso
È la parola chiave del pontificato di Francesco, il senso di un Giubileo chiamato a sanare le ferite di ogni uomo
Papa Francesco accarezza un bambino durante un’udienza generale in piazza San Pietro (Spaziani/Olycom).
«Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto un Giubileo Straordinario della Misericordia come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti» (MV 3). Con queste parole papa Francesco, nella bolla Misericordiae vultus, ha annunciato la celebrazione dell’Anno Santo della Misericordia. Il Santo Padre, infatti, in un momento storico spesso dominato dalla prepotenza, dall’odio e dalla violenza dilagante, ha ritenuto necessario che tutta la Chiesa volgesse la sua attenzione verso la misericordia per metterla, in maniera reale, al centro della sua azione. Solitamente il Giubileo è fissato ogni venticinque anni, oppure in riferimento ad altre scadenze significative, come nel 1933 e nel 1983 per l’anniversario della Redenzione. Questa volta, invece, papa Francesco non ha voluto legare il Giubileo a un anniversario particolare ma, in maniera esclusiva e unica, a una tematica.
Anche se questo Anno Santo non rispetta la scadenza dei venticinque anni, il giorno in cui inizierà, l’8 dicembre 2015, è comunque significativo per la Chiesa. Cinquant’anni fa, infatti, proprio in questa data si chiudeva il Concilio Vaticano II. Papa Francesco, quindi, con tale ricorrenza, vuole inserire il Giubileo della Misericordia, oltre che nella millenaria storia degli Anni Santi, anche nel solco del Vaticano II perché rappresenti un’ulteriore tappa del percorso da esso indicato.
Anche il Concilio, del resto, aveva avuto la misericordia come suo punto importante. San Giovanni XXIII alla sua apertura diceva infatti: «Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore… La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati». Allo stesso modo, poi, il beato Paolo VI affermava alla sua conclusione: «Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità… L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio… Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette… Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità».
di Rino Fisichella