Luoghi dell' Infinito > 200 volte Luoghi

200 volte Luoghi

​Viviamo un tempo che sembra dominato dai signori dei muri e dei picconi, dai manovratori dei coltelli e delle ruspe iconoclaste, del filo spinato e delle mine anti-uomo. Potere dei clamori mediatici attorno al peggio che accade, certo. Ma anche della pervicacia con cui, in tante parti del pianeta e con terribile accanimento in terre che fanno parte del nostro spicchio mediterraneo di mondo, uomini di potere e di guerra si industriano a perseguitare, sradicare e uccidere, a sbarrare strade, a separare terre sorelle, a rendere sponde di mare e di fiume impraticabili, a distruggere i monumenti della bellezza e della spiritualità.
Di tali orrori diamo conto anche noi, ogni giorno, sulle pagine di “Avvenire”. Ma non scriviamo solo o soprattutto di questo, perché contemporaneamente cerchiamo di dare spazio ai gesti e alla voce di chi non si rassegna alla morsa soffocante degli umanesimi capovolti. A chi continua a unire e non a separare, a collegare e non a isolare, ad accogliere e non a respingere, a valorizzare e non a demolire, ad amare ciò che è buono e bello e ci avvicina alla verità. A chi custodisce la nostra comune umanità e l’universo che ci è dato. A chi sogna i sogni di Dio senza pretendere di farsi come Lui o di farlo come sé. Diamo spazio e voce a quelli che non credono che il mondo sia finito, o anche solo finito nelle loro mani. E questo perché loro e noi sappiamo che l’infinito si rivela anche attraverso le mani (e gli occhi, e i piedi in cammino) degli uomini e delle donne capaci di bene e di bellezza, e consapevoli del limite da riconoscere e da affrontare.
Dall’ottobre del 1997, per onorare meglio questo nostro libero impegno di giornalisti e questa passione di uomini e di credenti, abbiamo ideato pagine ulteriori e a loro modo uniche nel nostro Paese. Un progetto che ha preso il ritmo di “Luoghi dell’Infinito”, mensile che già nel titolo disegna memorabili vie di resistenza attiva all’incubo di un mondo recintato, rimpicciolito e incupito dalla paura e dall’odio e reso più povero di itinerari e di bellezza dall’ignoranza, dall’incomprensione e dal sospetto. La fiducia e la visione del nostro editore, la volontà del direttore di allora, il prestigioso contributo di un comitato scientifico e di firme di peso, il coordinamento di un collega colto e sensibile, Giovanni Gazzaneo, hanno reso possibile un’impresa editoriale della quale oggi sentiamo più che mai la responsabilità e il valore. È emblematico che il numero 200 di “Luoghi dell’Infinito” coincida con il numero tematico che in questo novembre dedichiamo a “Firenze 2015”, il grande Convegno ecclesiale che riunisce ancora una volta i delegati delle Diocesi e i rappresentanti dei mondi vitali del cattolicesimo italiano per individuare opere e giorni da vivere nel concreto cantiere del “nuovo umanesimo” che in Gesù Cristo è possibile. È un segno che torna a motivarci e ci rimette al lavoro.

di Marco Tarquinio

direttore di Avvenire

 

Parole e immagini

che fanno storia

 

Duecento numeri scandiscono oggi il tempo di un periodico dedicato allo spazio. Ma di quale spazio si occupa “Luoghi dell’Infinito”? Parlando di “spazio” e “infinito” il pensiero corre subito all’universo, a galassie e orbite. Non è su questi però che la rivista si è soffermata in quasi vent’anni di vita. Non è nemmeno su località turistiche che vuole attirare l’attenzione. No, in queste pagine la redazione, il comitato scientifico e gli autori – e tra essi un ruolo di rilievo hanno i fotografi – hanno parlato e dialogato di luoghi dell’anima e della memoria, di spazi sacri e da umanizzare, di un infinito raccolto nel frammento. Perché come diceva nel suo Tracce di cammino Dag Hammarskjöld, un grande tessitore di pace tra luoghi lontanissimi geograficamente e culturalmente, «il viaggio più lungo è il viaggio interiore». Ed è proprio l’interiorità il luogo che la rivista continua a invitarci a visitare: la nostra interiorità, certo, quel luogo segreto dentro di noi che solo a noi appartiene. Ma anche l’interiorità degli altri o, meglio, i luoghi esteriori che alimentano o hanno alimentato nel passato quell’interiorità, preziosa gemma in cui ciascuno può ritrovare l’immagine di Dio deposta in lui dal Creatore del cielo e della terra. L’essere umano, l’Adam è il “terrestre”, tratto dalla terra e destinato a ritornarci. Eppure è anche la creatura plasmata a immagine di Dio, nella quale è deposto un anelito insaziabile di infinito, una sete di “cieli nuovi e terra nuova”, dove la pace e la giustizia si abbracceranno.
Allora è dono prezioso poter ripercorrere grazie alle pagine di una rivista quei luoghi in cui la natura non si è mai separata dalla cultura, luoghi antropizzati ma attraverso pietre, terra, acqua, fuoco… tutti elementi della natura. Luoghi in cui l’aria che si respira è quella che rimanda al soffio divino che aleggiava sulle acque dell’in-principio per essere poi immesso nel primordiale impasto di acqua e fango. Luoghi e volti allora si intrecciano come in una danza: luoghi di cui talora si contempla il vuoto e talaltra si è sopraffatti dal troppo pieno; volti che sono esaltati e non appiattiti dai colori stesi su una tela; luoghi che sono mete di pellegrinaggi la cui meta non è mai raggiunta una volta per tutte; volti estratti dal legno o dalla pietra per portarli alla luce come riflesso della santità dell’unico Santo; luoghi in cui nascono amicizie, si creano storie comuni...
Una rivista attira l’attenzione per qualche ora, per pochi giorni, magari addirittura per un mese. Vi è anche chi ne custodisce i numeri e vi ritorna con passione e interesse rinnovato a distanza di molto tempo. L’importante è che, anche solo per qualche attimo, le parole, le immagini, i volti che ci offre riescano a depositarsi nella nostra memoria, personale e collettiva, riescano a fare storia con noi affinché noi, forti di quella memoria non più solo nostra, possiamo fare syn-odos, “cammino insieme”, possiamo appassionarci alla pienezza di vita che tanti nostri fratelli e sorelle in umanità hanno cercato di esprimere con capolavori artistici o anche solo con gli occhi di un bambino che sa vedere il mondo come Dio lo vede: bello e buono.

di Enzo Bianchi

priore della Comunità di Bose