Val d'Orcia, luogo di eterna meraviglia
Augusto Paolo Lojudice
«Se ti senti stanco e hai bisogno di ritrovare te stesso, lavarti dei dubbi, non c’è posto migliore della Toscana». Queste parole le ho prese in prestito da Oriana Fallaci. Aveva ragione la scrittrice e giornalista fiorentina. Non c’è dubbio.
Da quando il Santo Padre mi ha chiamato prima come arcivescovo a Siena e da meno di due anni anche come vescovo di Montepulciano non ho potuto fare altro - nelle mie visite pastorali - che rimanere a bocca aperta non solo davanti allo spettacolo della natura, ma soprattutto per la relazione profonda che esiste tra la storia, l’arte e la grande tradizione spirituale e religiosa di questa parte della Toscana. Come uso dire spesso, non un posto “brutto” in questi territori. Ogni città, ogni chiesa, ogni abbazia sembra essere stata concepita in assoluta simbiosi con l’ambiente che la circonda. È una sensazione strana da comunicare, ma in realtà è una certezza che mi dona tanta serenità.
Se poi mettiamo al centro della nostra attenzione la Val d’Orcia, le emozioni diventano intense, forti e profonde.
In questa porzione di terra toscana si concentrano una tale quantità di preziose e uniche testimonianze di quanto l’uomo, ispirato da Dio, possa raggiungere vette e livelli artistici, architettonici, spirituali e culturali senza pari nel mondo.
Comprendo, ora che vivo qui e mi sposto su queste strade, in questi borghi senza tempo, come i grandi artisti toscani non abbiano fatto fatica a raccontare con le loro opere la magnificenza del Creato.
Dai colori alle atmosfere incantate, al tempo che sembra essersi fermato per preservare il bello. Tutti questi ingredienti sono raccolti magicamente nei quadri, negli affreschi che in tutta la Val d’Orcia impreziosiscono luoghi di profonda spiritualità e le stesse città.
Io lo definisco il “triangolo del bello” quello che si crea idealmente tracciando una linea che congiunge Montalcino, Pienza e Radicofani. Dentro c’è un vero e proprio universo che ci parla di come l’uomo sia stato in grado di dialogare con il Creato costruendo così una terra unica che parla con una disarmante semplicità di Dio e della sua grandezza. In un mondo che si dice ormai laico, la Val d’Orcia va controcorrente. Qui l’uomo dialoga con il suo creatore.
Ce lo spiega papa Francesco nella Laudato si’: «D’altra parte, san Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà: “Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore” (Sap 13,5) e “la sua eterna potenza e divinità vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute” (Rm 1,20). Per questo chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza. Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode».
Ma qui c’è ancora di più: non solo un dialogo verso l’alto, ma anche il desiderio di preservare l’anima di queste comunità. Non un museo cristallizzato a cielo aperto, con secoli di storia e tradizioni, ma l’attenzione alle radici su cui fonda. Dobbiamo dirlo, la chiave di volta anche qui è Cristo. Sì, proprio lui.
In qualsiasi paese possiate capitare della Val d’Orcia, tutto è nato e si è sviluppato attorno a luoghi che ci parlano di lui, del Figlio di Dio: cattedrali, chiese, abbazie, eremi, ma anche gli stessi palazzi del potere civile. Tutto ruota attorno ad una precisa identità. Quella cristiana.
Credo che qui, come in tanti altri luoghi del nostro stupendo Paese, dobbiamo ripartire da questa certezza. Senza paura e senza temere il confronto.
Ai turisti che entrano nelle chiese, che visitano i monumenti e i palazzi della Val d’Orcia occorre spiegare che non sono nati per caso, ma sono il frutto di una sedimentazione culturale, religiosa e spirituale di secoli. A volte si entra in questi luoghi in maniera distratta, ma occorre fermarsi un attimo e pensare che qui è riassunta una storia unica e irripetibile.
La Val d’Orcia in questo contesto non è solo un luogo “romantico” da visitare, ma è una comunità viva e poliedrica. Ci tengo a sottolineare questo aspetto perché altrimenti si rischierebbe di fare di questo territorio solo una grande museo: è questo, ma anche tanto altro.
Vorrei parlarvi della gente della Val d’Orcia. Laboriosa, gelosa della propria terra e accogliente. Nelle guide turistiche questo non lo trovate, ma sono convinto che il valore aggiunto di questa terra sia proprio la sua gente, le sue comunità.
Il poeta Mario Luzi, che ha avuto un rapporto speciale con questo territorio, ce lo descrive in maniera mirabile con versi intensi e profondi: «Grazie, matria, / per questi tuoi bruciati / saliscendi, per questi / aspri Celimonti / a cui, calati al fondo / d’un balzo ci levi alti, / per questo nostro errare nel tuo grembo / sbattuti tra materia / e luce, tra natura e sogno / sbattuti continuamente / eppure aguzzi / come freccia verso il bersaglio, / da dove che sia aprigli il tuo regno, / fosse pure il trascorrere di un’ombra / dal nulla al nulla, fluisca sopra il tuo schermo. / Questo era il mio viaggio / o il viaggio della mia preghiera».
In Val d’Orcia cielo e terra si toccano e forse è questo il segreto della sua unicità.