Un tabernacolo per guardarsi dentro
Arnoldo Mosca Mondadori
Ci sono stati dei
momenti nella vita in cui noi, tutti noi, abbiamo sperimentato il
mistero del silenzio. È stato forse di fronte al primo sorriso di nostro
figlio, o nel vedere la bellezza di un fiore o di un cielo terso di
notte, o nell’ascoltare una musica. O forse è accaduto quando eravamo
sull’orlo della disperazione e improvvisamente è arrivato un dono:
qualcuno o qualcosa che ci ha ridato fiducia. E noi ci siamo fermati.
Abbiamo sperimentato una gioia, una gratitudine immensa. Abbiamo sentito
una consolazione interiore e dalla nostra anima (o coscienza, o
interiorità) è uscito un “grazie” profondo, umile, sincero.
Sono momenti rimasti impressi nella memoria del cuore, e quando li ricordiamo ci sembrano ancora vivi e presenti.
Posso
raccontare una serie di momenti di questo genere, che per me sono
l’esperienza ripetuta di “frammenti di eternità” che sono stati, e sono,
reali così come la visione del primo sorriso dei miei figli:
l’esperienza con il “silenzio del tabernacolo”. Accade quando mi fermo
davanti a Lui. Mi piacerebbe avere accanto a me ora una persona che non
crede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Qui, in questa
piccola chiesa dove sono venuto per scrivere questo articolo. Davanti al
tabernacolo.
Perché portare una persona da Gesù è per me come
presentargli il mio migliore amico, l’unico che da oltre quarant’anni
mai mi ha deluso, la persona più viva e presente e meravigliosa che io
conosca. Stare di fronte al tabernacolo e ascoltare il Suo silenzio. Un
silenzio, il Suo, che parla. Non ho mai sentito voce più sublime di
quella presente nel Suo silenzio.
Daremmo la nostra vita per non
perdere le persone che amiamo, il loro sguardo, i loro occhi. E così
ora, di fronte a Gesù presente nel pane consacrato, io sperimento il Suo
sguardo che mi guarda con il Suo silenzio d’amore. E vedo gli occhi
della mia anima che Lo guardano, nel silenzio.
Tra di noi c’è un
amore che scorre e che alimenta l’anima, le dà forza, le comunica la
beatitudine. Sì, perché Gesù è l’essere vivente che comunica all’uomo la
beatitudine di cui ciascuno di noi ha bisogno. Tutti noi siamo assetati
di quel cibo che Lui dona e che da Lui esce: la pura gioia che disseta
la nostra sete di infinito. Sono qui davanti a Lui: nel Suo silenzio è
presente il Suo sorriso. Nulla può descriverlo. Ma quel sorriso illumina
tutto l’essere. Lui dona una pace e una luce che rendono felice tutto
l’essere. E questo mi dà un’infinita speranza. Perché nonostante il
dolore che sento e che preme sul mondo, nonostante tutto il male, le
guerre, le ingiustizie, nonostante i miei limiti e i miei errori, io
davanti a Lui ho la certezza che esiste un oceano sconfinato di
tenerezza e che questo oceano è più grande, supera tutto, e tutto
abbraccia. Quando vengo qui, davanti a Lui, a dissetarmi, allora tutto
il mio essere respira. Io sono convinto che in quel silenzio di Gesù che
mi guarda vi sia anche l’“ossigeno” di cui ha bisogno l’essere umano
per poter dare senso alla vita. Lui ci guarda, mentre noi ci apriamo a
Lui, e ci riempie del Suo respiro. Stando davanti a Lui, al silenzio del
tabernacolo, veniamo visitati dall’energia di Qualcuno che supera
qualsiasi calcolo umano e ci fa sperimentare la pura gioia.
Il Suo
silenzio parla, il Suo silenzio raggiunge le profondità dell’anima umana
e la tocca con tale delicatezza… La Sua tenerezza non ha confini. Sto
qui a guardarlo, a guardare la Luce del mondo. Per rinascere devo
tornare sempre qui, su questa panca, nel silenzio, come un fiore stanco,
bisognoso del sole. E a un certo punto, senza dire nulla ma solo
aprendomi, cercando di lasciare una fessura tra i miei petali senza
forze, io sento la Sua sublime energia raggiungermi e darmi la vita.
Esco
dalla piccola chiesa e sono un altro. Sono stato davanti a un pezzo di
pane. Il mondo riterrebbe tutto questo una follia. Eppure so, la mia
coscienza sa che in quel pane è presente l’infinita tenerezza che ha
creato il mondo e che può farlo risorgere. Il cuore nella gioia torna a
camminare per le vie del mondo. Ora Lui ha depositato nell’anima il Suo
profumo, così come rimane il polline sugli insetti che si abbeverano dai
fiori. Penso che il cristiano sia solo chiamato ad amare, “rilasciando”
quel profumo che ha ricevuto, facendolo vivere nelle azioni, portandolo
ovunque. Portare i semi del Suo Viso, del Suo silenzio, qui nel mondo.
Senza troppe parole, ma con gli occhi pieni di luce.Arnoldo Mosca
Mondadori
Ci sono stati dei momenti nella vita in cui noi, tutti
noi, abbiamo sperimentato il mistero del silenzio. È stato forse di
fronte al primo sorriso di nostro figlio, o nel vedere la bellezza di un
fiore o di un cielo terso di notte, o nell’ascoltare una musica. O
forse è accaduto quando eravamo sull’orlo della disperazione e
improvvisamente è arrivato un dono: qualcuno o qualcosa che ci ha ridato
fiducia. E noi ci siamo fermati. Abbiamo sperimentato una gioia, una
gratitudine immensa. Abbiamo sentito una consolazione interiore e dalla
nostra anima (o coscienza, o interiorità) è uscito un “grazie” profondo,
umile, sincero.
Sono momenti rimasti impressi nella memoria del cuore, e quando li ricordiamo ci sembrano ancora vivi e presenti.
Posso
raccontare una serie di momenti di questo genere, che per me sono
l’esperienza ripetuta di “frammenti di eternità” che sono stati, e sono,
reali così come la visione del primo sorriso dei miei figli:
l’esperienza con il “silenzio del tabernacolo”. Accade quando mi fermo
davanti a Lui. Mi piacerebbe avere accanto a me ora una persona che non
crede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Qui, in questa
piccola chiesa dove sono venuto per scrivere questo articolo. Davanti al
tabernacolo.
Perché portare una persona da Gesù è per me come
presentargli il mio migliore amico, l’unico che da oltre quarant’anni
mai mi ha deluso, la persona più viva e presente e meravigliosa che io
conosca. Stare di fronte al tabernacolo e ascoltare il Suo silenzio. Un
silenzio, il Suo, che parla. Non ho mai sentito voce più sublime di
quella presente nel Suo silenzio.
Daremmo la nostra vita per non
perdere le persone che amiamo, il loro sguardo, i loro occhi. E così
ora, di fronte a Gesù presente nel pane consacrato, io sperimento il Suo
sguardo che mi guarda con il Suo silenzio d’amore. E vedo gli occhi
della mia anima che Lo guardano, nel silenzio.
Tra di noi c’è un
amore che scorre e che alimenta l’anima, le dà forza, le comunica la
beatitudine. Sì, perché Gesù è l’essere vivente che comunica all’uomo la
beatitudine di cui ciascuno di noi ha bisogno. Tutti noi siamo assetati
di quel cibo che Lui dona e che da Lui esce: la pura gioia che disseta
la nostra sete di infinito. Sono qui davanti a Lui: nel Suo silenzio è
presente il Suo sorriso. Nulla può descriverlo. Ma quel sorriso illumina
tutto l’essere. Lui dona una pace e una luce che rendono felice tutto
l’essere. E questo mi dà un’infinita speranza. Perché nonostante il
dolore che sento e che preme sul mondo, nonostante tutto il male, le
guerre, le ingiustizie, nonostante i miei limiti e i miei errori, io
davanti a Lui ho la certezza che esiste un oceano sconfinato di
tenerezza e che questo oceano è più grande, supera tutto, e tutto
abbraccia. Quando vengo qui, davanti a Lui, a dissetarmi, allora tutto
il mio essere respira. Io sono convinto che in quel silenzio di Gesù che
mi guarda vi sia anche l’“ossigeno” di cui ha bisogno l’essere umano
per poter dare senso alla vita. Lui ci guarda, mentre noi ci apriamo a
Lui, e ci riempie del Suo respiro. Stando davanti a Lui, al silenzio del
tabernacolo, veniamo visitati dall’energia di Qualcuno che supera
qualsiasi calcolo umano e ci fa sperimentare la pura gioia.
Il Suo
silenzio parla, il Suo silenzio raggiunge le profondità dell’anima umana
e la tocca con tale delicatezza… La Sua tenerezza non ha confini. Sto
qui a guardarlo, a guardare la Luce del mondo. Per rinascere devo
tornare sempre qui, su questa panca, nel silenzio, come un fiore stanco,
bisognoso del sole. E a un certo punto, senza dire nulla ma solo
aprendomi, cercando di lasciare una fessura tra i miei petali senza
forze, io sento la Sua sublime energia raggiungermi e darmi la vita.
Esco
dalla piccola chiesa e sono un altro. Sono stato davanti a un pezzo di
pane. Il mondo riterrebbe tutto questo una follia. Eppure so, la mia
coscienza sa che in quel pane è presente l’infinita tenerezza che ha
creato il mondo e che può farlo risorgere. Il cuore nella gioia torna a
camminare per le vie del mondo. Ora Lui ha depositato nell’anima il Suo
profumo, così come rimane il polline sugli insetti che si abbeverano dai
fiori. Penso che il cristiano sia solo chiamato ad amare, “rilasciando”
quel profumo che ha ricevuto, facendolo vivere nelle azioni, portandolo
ovunque. Portare i semi del Suo Viso, del Suo silenzio, qui nel mondo.
Senza troppe parole, ma con gli occhi pieni di luce.