Soffrono i cristiani nei luoghi dei padri
«Noi molto umilmente e per brevissimo tempo vi ritorneremo in spirito di devota preghiera, di rinnovamento spirituale, per offrire a Cristo la sua Chiesa; per richiamare ad essa, una e santa, i Fratelli separati; per implorare la divina misericordia in favore della pace, che in questi giorni sembra ancora vacillante e trepidante; per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità». Con queste parole, cinquant’anni fa, Paolo VI diede l’annuncio del suo viaggio in Terra Santa, nei luoghi dove Cristo nacque, visse, morì e, risorto da morte, salì al cielo. Un viaggio breve, come altrettanto celere sarà anche il pellegrinaggio che papa Francesco si accinge a compiere dal 24 al 26 maggio. La visita si colloca in una prospettiva di continuità con quelle dei suoi predecessori. Ma se da una parte Francesco, seguendo i pontefici che l’hanno preceduto, si fa pellegrino di pace, dall’altra trova una terra lacerata ancor più dalla minaccia di possibili nuovi conflitti. Un appuntamento che si colloca in un momento cruciale per la vita dei cristiani di tutto il Medio Oriente.
Molti sono i cambiamenti in atto nei Paesi arabi, che prefigurano nuovi contesti e un futuro incerto. In Terra Santa i cristiani dei diversi riti sono circa 180mila, di cui 50mila in Palestina e 130mila in Israele, senza contare gli oltre 200mila cristiani della Giordania e i 220mila lavoratori stranieri (provenienti da Filippine, India, Sri Lanka, Europa Orientale, America Latina...) nonché 30mila profughi in cerca d’asilo provenienti da Eritrea, Sudan, Costa d’Avorio, Somalia, Congo, e ancora, un grande numero di immigrati russi ortodossi. La maggior parte dei cristiani è di lingua e cultura araba, ma c’è anche una piccola comunità di cristiani provenienti dal mondo ebraico.
La situazione sociale, economica e politica è molto complicata e, più grave ancora, non s’intravedono soluzioni. A subirne le maggiori conseguenze sono i cristiani. Soffrono. Temono che la loro esistenza e permanenza nella terra dei padri diventi un semplice ricordo. Le comunità cristiane appaiono deluse. Smarrite. Sono consapevoli di essere un segno di contraddizione, di vivere il mistero nascosto. Ma i cristiani di Gerusalemme e di tutta la Terra Santa avranno un futuro solamente se comprenderanno che qui si vive veramente il mistero pasquale, un cammino verso la speranza e la luce. Abbiamo bisogno del conforto e di una fiducia incrollabile nella Provvidenza, di una benedizione che, come sostiene l’apostolo Paolo «ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2Cor 1,4).
di Fouad Twal
patriarca latino di Gerusalemme