Quella teofania che generava mistici e santi
Maria Cristiana Dobner
«E Dio disse: Sia fatta la luce. E la luce fu» (Gen 1,3).
Buona la luce perché «rispecchiava lo splendore del Suo volto», come affermava Ildegarda di Bingen.
Nel Nuovo Testamento leggiamo: «Dio è luce e in lui non c’è alcuna tenebra» (1Gv 1,5). Non solo: «Egli vive in una luce inaccessibile» (1Tim 6,16).
Teofania della Luce che si irradia e il Volto di Gesù trasfigurato ne risplende.
L’immaginario del Medioevo fa balzare alla mente barbarie, torture, lotte di religione. In realtà nascono le città, pullulano commercio e artigianato, le inquietudini sociali avanzano, mentre la carestia minaccia il popolo e la peste lo decima.
Con fatica affiorano reminiscenze di una cultura raffinata - le humanae litterae - dell’arte, del sentire religioso e mistico nella traccia di una fioritura mirabile.
Secoli di grandi cambiamenti che, se guardano al retaggio ricevuto, scoprono in sé una spinta sollecita all’inedito, al nuovo che prorompe. Tutto si trasforma.
Tre forze culturali concorrono nel Medioevo: il mondo antico romano, il cristianesimo e il germanesimo. Corrente impetuosa e trascinante che sfiora e coinvolge ma è anche sfiorata e coinvolta dalla cultura bizantina, ebraica e islamica.
I mistici, tutti i mistici qualunque ne sia la religione, si lasciano lambire dal sacro, dalla realtà divina: sperimentano slanci e intensità incisi nelle loro opere.
La Torah è luce che può brillare per tutti e la Qabbalah, dono dei Maestri ebraici, è luce.
Nella sura An-Nur del Corano si legge «Dio è la luce dei cieli e della terra […] Luce su Luce! Dio guida alla Sua Luce chi vuole».
Storici e letterati parlano di “età della mistica”, e vi emergono grandi figure quale la “triade mistica”: Eckhart, Tauler e Suso. L’humus è costituito da un microcosmo di singole persone sfiorate, afferrate: Dio per loro non è soltanto una “parola di potenza semantica” (Luisa Muraro) ma Luce che attrae e magnetizza, non in uno stato psichico ma orante, in unio mystica.
Una traiettoria risplendente che si diparte dall’antica dottrina platonica, passa per Agostino, giunge ai monaci e a tutti i credenti: il Dio vicino che insieme si nasconde e si manifesta: Egli è Luce, e il simbolo della Luce fluisce e scorre nel popolo credente e nei mistici, perché i cristiani sono figli della Luce.
Ogni essere dotato di ragione vi partecipa e del Suo splendore gli oranti si vedono bagnati.
Dionigi Areopagita viene conosciuto a partire dal IX secolo, con la sua concezione dell’universo come un flusso di luce donato da Dio. Il ritorno della persona a Lui è l’esperire mistico della Luce che investe l’esistenza e ne traspare. Dio è un’oscurità luminosa.
Per Agostino la luce di Dio illumina l’occhio interiore e nell’essere in Lui si partecipa dello splendore che vivifica.
Mistica affettiva e mistica speculativa? Le unisce un’unica corrente, la Luce, l’amore, percepito diversamente: Chiara e Caterina, Bernardo con la mistica del bacio e dell’abbraccio, Ugo e Riccardo di San Vittore con la loro sintesi fra teologia e mistica, Francesco con la sua adesione a Cristo, Verbo incarnato e crocifisso, Enrico Suso e Ruysbroeck.
Nella mistica speculativa Dio tocca e invade il fondo dell’anima che non partecipa più all’ascesa verso Dio perché Egli è un abisso inabissato senza fondo, asserisce Margherita Porete.
Il fondo dell’anima senza fondo - Grund und Abgrund - accoglie Dio: la fine della dinamica ascendente del desiderio e dell’affetto, ormai bagnati dalla stessa Luce. Fugace è l’essere afferrati nella via estatica dell’amore-Luce: Matilde di Magdeburgo, Ildegarda di Bingen, Giuliana di Norwich, Angela da Foligno, dalle tenebre alla non tenebra con passo luminoso. Testimoni di fede.
Esclamava Ildegarda di Bingen: «Oh, fragile creatura, cenere da cenere e polvere da polvere, racconta e scrivi ciò che vedi e odi». Scivias, conosci le vie della luce, il suo libro.
Meister Eckhart insegna: «C’è una luce nell’anima, dove mai è penetrato il tempo e lo spazio. Tutto ciò che il tempo e lo spazio hanno mai toccato, mai è giunto a questa luce. E in questa luce l’uomo deve permanere».