Quei falò che segnano il tempo e lo spazio
di Ulderico Bernardi
Il fuoco è la prima lettera dell’alfabeto simbolico. Alla fiamma si guarda con trepidazione partecipe, talora con sgomento. Sempre con stupore. Mentre divora il superfluo e l’inessenziale, purificando e illuminando. Sia che parli dal roveto ardente alto sul sacro monte, sia che annunci alla comunità il momento atteso dell’alternanza delle stagioni.
I roghi rituali accesi al tramonto nei solstizi sono una presenza tuttora viva in ogni parte d’Europa. Dal litorale danese rimbalzano sulle coste scandinave. In Molise, in Puglia, nel Veneto e in Friuli, illuminano la notte invernale alla vigilia dell’Epifania o di un giorno che preannuncia la memoria di una celebrazione patronale particolarmente significativa per il calendario religioso e gli eventi naturali. Dalla Lituania ai Balcani, dalla Sardegna all’Inghilterra la gran soglia cosmica dei solstizi marca l’avvio e il compiersi, il principiare e il dissolversi delle ere. Il solstizio d’inverno sovrabbonda di ritualità, quasi che la scarsità del cibo trovasse compensazione nella capacità di produrre inedite risorse intellettive. Il passaggio dalla sterilità della natura gelata alla speranza della germinazione e della fioritura che verranno con la buona stagione. La maturazione e la raccolta dei frutti premio alla fatica che verrà onorata nella memoria.
Ricordati di celebrare le feste. Nelle epoche pingui dell’abbondanza o nelle amare stagioni della carestia. Sempre la cultura degli uomini soccorre nei comportamenti dettati dalla natura. Di grande significato sono i riti agrari di passaggio che l’avvento cristiano ha accolto e tramandato. Ovunque le pire accese perpetuano questa memoria di fede nella festa di comunità. Può sembrare anacronistico che proprio quando ci sarebbe maggiore difficoltà a disporre di risorse alimentari famiglie e villaggi condividano cibi, bevande, relazioni, canti e litanie propiziatorie, con momenti di scialo nella frenesia delle generazioni che abbracciano vecchi e giovani, ragazze e spose, bimbi e uomini maturi. Nelle più antiche contrade è proprio questa maggiore larghezza di consumi a qualificare la speranza dei mesi a venire.
In Italia, sia al Nord che al Sud, questi falò rituali prendono tanti nomi diversi nelle culture locali: dai pignarùl carnici, ai panevìn delle campagne trevigiane, al boriello del Mantovano, ai foconi di Puglia. Spesso a gara nell’innalzare falò sempre più grandi da un paese all’altro. Con largo concorso di musici improvvisati e cantori spontanei sostenuti nella gioiosa fatica da generose offerte di vino e di pietanze tradizionali. Il piccolo fuoco di un mozzicone di candela illumina anche la stella a cinque punte ricoperta di carta rossa che compagnie di ragazzi alzano sull’asta e portano tra le case, a ricordare i Magi d’Oriente in viaggio verso la stalla dov’è nato il Divino Bambino. La ricchezza delle culture locali nella Penisola conserva viva la varietà di parlate e di accenti. E tanti riti ne sono la testimonianza. Riti che s’intensificano mano a mano che la natura s’intristisce, raggiungendo l’apice nel periodo compreso tra Natale e l’Epifania. Anche se va detto che riti di fuoco compaiono in momenti diversi, quando si celebrano santi molto amati e venerati dalla popolazione locale, come Antonio Abate, Anastasio, Anna, Michele Arcangelo e Giovanni.
I fuochi cerimoniali sono consueti nell’emisfero settentrionale del pianeta, ma, per effetto anche dei massicci trasferimenti di popolazione europea verso il Brasile nell’Ottocento, queste cerimonie di passaggio si sono poi radicate anche dall’altra parte del globo. Dove si compiono nel cuore dell’estate, come i fuochi di san Giovanni qui accesi nel solstizio estivo, lì nell’inverno australe. L’universalità valoriale del fuoco si conferma nei roghi collettivi ma anche nella piccola fiamma carica di affetto che si accende sulla tavola di famiglia nelle feste di compleanno. La torta con le candeline evoca l’eterno allo stesso modo degli spettacoli pirotecnici urbani con sfarzo spettacolare. Sempre a lode della Luce del mondo (Gv 8,12), del Sole di giustizia (Ml 3,20), per riscaldare i cuori, mentre la fiamma s’innalza puntando al cielo dell’Origine. A cacciare le tenebre.