Lavoro e capitale, risorse per la terra
Elena Beccalli
«Ogni lavoratore è un creatore», questo uno degli insegnamenti tuttora attuali della Populorum progressio. Un principio che riguarda non solo i lavori di più elevato profilo intellettuale e gestionale, ma anche i più umili e operativi, come quello contadino. Il lavoro, infatti, è espressione del vivere e il passaggio che segue lo delinea in maniera poetica: «Dio, che ha dotato l’uomo d’intelligenza, d’immaginazione e di sensibilità, gli ha in tal modo fornito il mezzo onde portare in certo modo a compimento la sua opera: sia egli artista o artigiano, imprenditore, operaio o contadino, ogni lavoratore è un creatore. Chino su una materia che gli resiste, l’operaio le imprime il suo segno, sviluppando nel contempo la sua tenacia, la sua ingegnosità e il suo spirito inventivo» (Populorum progressio, 27). Anche il contadino non è dunque esecutore materiale di un compito o ingranaggio di un sistema, bensì attore responsabile nell’operare congiunto con la terra, in un contesto comunitario. Ciò richiama una dimensione ancora più alta del lavoro, quella che, sempre nella Populorum progressio, è definita «vissuto in comune», un preludio grazie al quale «gli uomini si scoprono fratelli». Due temi, quello dell’ecologia integrale e quello della fraternità e amicizia sociale, che riecheggiano nelle encicliche di papa Francesco Laudato si’ e Fratelli tutti.
Il lavoro come espressione di dignità e autonomia, responsabilità e creatività è un altro aspetto centrale nella Dottrina Sociale della Chiesa, anche quando si tratta di lavoro agricolo. Tanto da poter parlare di imprenditorialità iscritta in ogni lavoro ritenuto un “actus personae”, nel senso che a ogni lavoratore va data la possibilità di contribuire con la sua opera così che egli stesso «sappia di lavorare “in proprio”» (Laborem exercens, 24). Da questo punto di vista è illuminante la lezione di Francesco Vito secondo cui la missione del lavoro è porre il lavoratore nella condizione «di vivere da uomo, di realizzare sé stesso e di migliorare la condizione propria e della famiglia». L’economista (rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore dal 1959 al 1965) sostiene che l’economia non può fare a meno dell’etica, dovendosi occupare (con cura) dei fini prima ancora che dei mezzi. Le sue riflessioni sulla politica sociale si chiudono con un passaggio significativo sul «principio che il lavoro, al pari del capitale, ha titolo di partecipare alla guida dell’impresa».
Dunque, insieme al lavoro, il capitale assume un ruolo nell’attività imprenditoriale. A tal proposito, la storia bancaria del nostro Paese è costellata di una successione di istituzioni finanziarie di tipo nuovo che hanno sostenuto le comunità contadine. Basti ricordare che nella seconda parte del XIX secolo sono nate le casse rurali e artigiane di cui va riconosciuta la carica innovativa nella corresponsabilità illimitata dei soci nel sopportare il rischio di credito, nonché nella specializzazione molto intensa nei confronti di agricoltori, artigiani e di tutti coloro che operavano nelle aree rurali. Insomma, persone che sono state “incluse” nel mercato del credito grazie a questi nuovi intermediari bancari, oggi operatori del settore bancario cooperativo. I dati dimostrano la loro ancora attuale rilevanza: in Italia a giugno 2023 le banche di credito cooperativo, le casse rurali, le casse Raiffeisen hanno raggiunto quote di mercato nei prestiti erogati alle imprese agricole superiori al 20%.
Il carattere mutualistico e comunitario delle banche di credito cooperativo merita dunque piena valorizzazione. Questo perché espressione di un’attività bancaria che, attraverso la sua funzione di erogazione del credito, è al servizio del sistema economico, oltre che del tessuto locale. La cooperazione di credito non limita la sua funzione al solo soddisfacimento dei bisogni degli associati ma diffonde il benessere raggiunto con la distribuzione dei risultati economici alle comunità di appartenenza. La banca mutualistica fornisce il sostegno agli attori locali e socializza molti di quei costi che nell’ambito delle grandi banche sono l’oggetto della ricerca di economie di scala. Nello stesso tempo permette un interscambio di informazioni - basato sulla fiducia reciproca - che riduce a sua volta i costi legati al rischio di credito. Vocazione e sostenibilità sociale sono quindi connaturate al modello del credito cooperativo.