Il Dio nascosto dei Promessi sposi
Marco Ballarini
Vere tu es Deus absconditus (Is 45,15).Senza nessuno strepito. Niente lampi e tuoni e nemmeno processioni e archi trionfali; Dio entra nei Promessi sposi in silenzio, quasi in maniera obliqua, trascinato da un altro pensiero. Renzo torna dal colloquio con don Abbondio in preda alla sua furia omicida che osa chiamare “giustizia” ma, all’improvviso, un altro pensiero si fa strada. «E Lucia? Appena questa parola fu gettata a traverso di quelle bieche fantasie, i migliori pensieri a cui era avvezza la mente di Renzo, v’entrarono in folla. Si rammentò degli ultimi ricordi dei suoi parenti, si rammentò di Dio, della Madonna e de’ santi…».
E sarà ancora lei a invitare all’abbandono al Dio affidabile - «lasciamo fare a Quello lassù» - al Dio che non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande. Come e quando neppure lei lo sa, e probabilmente nemmeno colui che ci affida queste parole indovinando i suoi pensieri. Quello lassù le suggerisce preghiere e parole che ridonano speranza anche nei momenti più tribolati, quando l’angoscia e la disperazione sembrano prendere il sopravvento.
«Più che la preghiera che accompagna il voto va tenuta infatti presente l’espressione con cui l’umile contadina traduce in linguaggio popolaresco il principio teologico che sovverte il Cogito cartesiano: “Il Signore lo sa che ci sono”. Non il pensiero, ma l’amare è il fondamento dell’essere. Io sono perché Qualcuno mi pensa, cioè mi ama» (Francesco Mattesini).
All’altro, il potente che si è messo fuori da ogni legge e non vede nessuno al di sopra di sé, quel nome fa rabbia: «Dio, Dio, - interruppe l’Innominato - sempre Dio: coloro che non possono difendersi da sé, che non hanno la forza, sempre han questo Dio da mettere in campo, come se gli avessero parlato. Cosa pretendete con codesta vostra parola. Di farmi…? - e lasciò la frase a mezzo». Lui ha passato i suoi giorni a vivere come se Dio non fosse, ma una voce, insopprimibile, torna ora a farsi sentire imperiosa: «Io sono, però». E le parole della povera ragazza rapita - «Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia» - nel momento in cui deve scegliere tra il colpo di pistola alla tempia e il fare finalmente i conti con il proprio passato, tornano alla mente «non però con quell’accento d’umile preghiera, con cui erano state proferite; ma con un suono pieno d’autorità, e che insieme inducevano una lontana speranza», parole proferite non dalla prigioniera supplichevole, ma dalla dispensatrice di grazie e di consolazioni.
Un altro sembra invece resistere, coriaceo nel suo attaccamento alla vita, dimentico di altre parole, pur tante volte sentite e annunciate: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà». Il cardinale Federigo, che ha commosso il fuorilegge con la storia del pastore buono e della pecora smarrita e l’ha poi abbracciato come il padre misericordioso della parabola, al suo prete parla della logica della promessa e della missione, ricordando che la venuta dello sposo è ormai imminente, e arriva a piangere con lui le sue debolezze di uomo. Quelle parole, conseguenza di una dottrina antica e mai contrastata, gli fanno ora un’impressione nuova; don Abbondio sente finalmente dispiacere di sé e compassione per gli altri, è «come lo stoppino umido e ammaccato d’una candela, che presentato alla fiamma d’una gran torcia, da principio fuma, schizza, scoppietta, non ne vuol sapere nulla; ma alla fine s’accende e, bene o male, brucia». Basterà?
Lasciamo don Abbondio, pastore spaesato e smarrito lui pure, e torniamo al Pastore buono che ha dato la vita per lui e per tutti gli Abbondi da cui facciamo tanta fatica a distinguerci. Torniamo a colui che ne porta il nome, fra Cristoforo, e ne ha abbracciato l’ideale di totale consegna alla volontà del Padre, torniamo al suo ultimo incontro con quel ragazzo di vent’anni che ha dovuto attraversare il regno della morte per ritrovare la sua promessa sposa. È lei a chiedere: «Ma lei, padre? Povera me, come è cambiato! Come sta? dica: come sta?» «Come Dio vuole, e come, per sua grazia, voglio anch’io, - rispose, con volto sereno, il frate».
Come Dio vuole, anche quando si tratta di imitare il grande modello con il dono della vita e di un perdono senza eccezioni, come insegna fra Cristoforo: i vostri figli dovranno vivere in un mondo di superbi e di provocatori, «dite loro che perdonino sempre, sempre!, tutto, tutto!».