Andare e vedere l'anima della fede è curiosa
Davide Rondoni
Se entravi a casa di Lucio Dalla la prima cosa che incontravi nell’atrio era un grande presepe napoletano. Segno della fede bimba del cantante geniale. Ma cosa è il presepe? Una messinscena. O no? Una memoria. O non solo. Forse è una sacra, e pure profana, rappresentazione. O no, non “rappresenta”, bensì rende presente. Il presepe è un’antica tradizione, stranamente viva e morente e rinascente, da quando san Francesco ne fece la prima versione - simbolica - e poi su su per i secoli, spinta dal genio santo e popolare di tanti, tra cui Alfonso Maria de’ Liguori, fino ai giorni nostri. Ma cosa è davvero? Un incanto, certo. Un gioco, anche. Una cosa da bambini, giusto. Ma anche da adulti. Insomma, sappiamo davvero cosa è questa strana cosa che in multiforme modo abita case e strade, città e borghi?
San Francesco ebbe l’intuizione di mettere in scena a Greccio il bue, l’asino e la paglia. Non seguiva la narrazione dei Vangeli, dove bue e asino non compaiono. Quindi un gesto elementare, accompagnato dalla sua bruciante soave parola. Un gesto teologico, dove la paglia simbolo eucaristico sta tra il bue e l’asino, emblemi di popoli che riconoscono il Messia. Alta rappresentazione, dunque. Ma anche umilissima, di bestie ed elementi ben familiari ai presenti a Greccio. Il presepe è uno dei più forti segni della qualità fondamentale del cristianesimo. Che è una “cosa” alta e bassa insieme, è il mistero più vertiginoso ma anche il gesto più disponibile. Francesco, giullare dell’Altissimo, sa che le cose nascoste sono rivelate agli umili, come dice il Vangelo. Non crede alle èlite culturali, ma al popolo commosso. Un grande poeta, Czeslaw Milosz, nel 1961 scrive questi versi dedicati allo Spirito Santo:
Vieni, Spirito Santo,
curvando (oppure non curvando) l’erba,
apparendo (oppure no) sul capo
come lingua di fuoco,
al tempo delle fienagioni, o quando
il trattore esce per la prima aratura
nella valle dei boschetti di noci, o quando
la neve seppellisce
gli abeti storpi nella Sierra Nevada.
Sono soltanto un uomo, ho dunque bisogno di visibili segni,
il costruire scale di astrazioni mi stanca presto.
Ho pregato spesso (Tu lo sai) perché la statua in chiesa
sollevasse per me la mano, una volta, un’unica volta.
Ma lo capisco, i segni possono essere solamente umani.
Desta dunque un uomo, in un posto qualunque della terra,
(non me: perché ho comunque il senso della decenza)
e permetti che - guardandolo - io possa ammirare Te.
Il presepe è un segno umano, grazie al quale si possa “ammirare Te”, per dirla con Milosz. L’essere umano cerca parole e immagini che lo avvicinino al senso della esistenza, al mistero ultimo del vivere. Li cerca in modo spasmodico, a volte finanche grottesco, disordinato, geniale, patetico. A tutto questo cercare il presepe oppone, o meglio propone, come diceva Ungaretti, un Dio che ride come un bimbo.
Il presepe lo si comprende veramente se lo si guarda con occhi affamati e semplici. Il cristianesimo non è né una filosofia, né una morale, né, in definitiva, una religione, bensì un evento eccezionale, il presepe ce lo ricorda. Come scrive T. S. Eliot ne La Rocca: «Un momento non fuori del tempo, ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia: sezionando, bisecando il mondo del tempo, un momento nel tempo ma non come un momento di tempo. Un momento nel tempo ma il tempo fu creato attraverso quel momento: poiché senza significato non c’è tempo, e quel momento di tempo diede il significato».
Il momento del più alto mistero è un racconto per tutti. La dinamica profonda della fede è messa in scena nell’andare a vedere, nel sostare dinanzi a un essere umano, nel farsi domande su chi sia veramente - un re? un poveraccio? il figlio di Dio? I segni dicono che è una figura eccezionale. Questi segni aumenteranno quando il bimbo diventerà uomo. Ma il presepe già illustra che la fede è riconoscere una presenza, non importa chi tu sia, pastore o Re Magio, asino o bue, o uno dei mille personaggi che entrano in scena. Non un ritrovo di sapienti, ma di persone curiose. Curiose di Lui.