Amore di Dio, passione dell’uomo
La misericordia, quando si manifesta, non è soltanto una pratica, un esercizio (ogni attività, ogni opera dello spirito e delle mani esige esercizio), ma è nella sua essenza una passione. La misericordia è una passione perché come ogni passione vede coincidere debolezza e forza, abbandono e azione, umiltà e dignità. L’uomo misericordioso è e si sente una docile fibra dell’universo, miracolato dal sorgere del sole e incantato dall’aura della luna. È piccolo e debole. Ma nello stesso tempo l’uomo misericordioso è forte, poiché sa vincere (chi per grazia e chi per disciplina e volontà) se stesso, sa sottomettere l’arroganza giudicante inscritta nel nostro Dna e sa far prevalere l’amore con cui siamo stati plasmati fin dal primo istante.
Misericordia significa vedere e riconoscere l’errore e il torto, l’ingiustizia e il crimine e impegnarsi perché il bene prevalga. Saper creare tribunali che giudichino e condannino e – prima e dopo i tribunali – luoghi di preghiera. Misericordia si accompagna a un senso francescano di umiltà e a una forza paolina di resistenza e agone. Sì, chi è misericordioso è un agonista, uno che lotta. Non contro un altro, ma contro una realtà che esiste spesso negli altri e che va prima di tutto domata in se stessi.
La misericordia, nell’uomo, è una passione. Bisogno di superare la morte con l’amore, abituandosi a uscire da se stessi, iniziandosi, giorno per giorno, a un’uscita estrema dalle spoglie che vestiamo, anzi vitalmente incarniamo, in questo mondo. Eschilo, il grande poeta tragico, nel V secolo avanti Cristo scopre, nel Pantheon greco sottomesso alle crude leggi del Fato e pronto a dannare gli umani al buio ultraterreno, un dio che si sacrifica per l’uomo, un dio malato, pazzo di misericordia. Al punto di donare all’uomo, così amato, dopo la parola, il numero, il pensiero, addirittura il fuoco, esclusiva degli dèi: l’elemento che brucia e consuma, il segreto dell’incessante ardere del mondo. Prometeo, incatenato alla rupe sul mare ribollente della lontana e deserta Scizia, inchiavardato alla roccia altissima con le braccia allargate all’orizzonte, il corpo verticale, tra il cielo, la terra e il mare. La posizione di un crocifisso. La misericordia è una fame nell’uomo. La vivono gli umili, gli analfabeti, i diseredati, nel cui pianto si fondono disperazione e preghiera. I sapienti, come Eschilo, invocando la venuta di un dio misericordioso. Qui, su questa terra. Ne intuiscono la venuta, infallibilmente, gli uomini più sapienti dell’antichità, gli zoroastriani adoratori del fuoco, conoscitori del cielo e dei segreti della terra e delle acque: attendono un dio che porti la salvezza. Per questo partono, seguendo senza esitazione una stella, verso la grotta, si inginocchiano nei loro vestiti fastosi davanti al bambino nella paglia sporca. Adoranti. È giunto il Dio che si fa uomo a riempirci di pane, a gonfiarci inebriandoci dell’agognata misericordia. Quello che i greci sognano nel mito, gli ebrei accolgono bambino in mezzo a loro. Al popolo dell’attesa viene dato il figlio di Dio, figlio di un Padre follemente innamorato dell’uomo.
Sulle vie del mondo Cristo è il samaritano dell’umanità calpestata, affamata, massacrata. Ai bordi delle strade incontra poveri, migranti, perseguitati e la folla di duemila anni fa e di oggi che domanda salvezza. E poi i tanti semplici che non voltano lo sguardo dall’altra parte, che non rinnegano l’amicizia e la fede, che non accettano la logica dell’odio. Cristo è sempre pronto a chinarsi per sollevare l’umanità, abbracciarla, condividerne il mistero del dolore fino alla morte di croce. La strada è segnata con chiarezza: «Amatevi come io vi ho amati» (Gv 15,12). Non un imperativo morale, ma la gioia di una vita nuova, possibile perché è Lui ad amarci per primo. «Il Crocifisso – scrive Benedetto XVI ai giovani – , che dopo la risurrezione porta per sempre i segni della propria passione, mette in luce le “contraffazioni” e le menzogne su Dio, che si ammantano di violenza, di vendetta e di esclusione. Cristo è l’Agnello di Dio, che prende su di sé il peccato del mondo e sradica l’odio dal cuore dell’uomo. Ecco la sua veritiera “rivoluzione”: l’amore» (27 gennaio 2007).
La misericordia dell’uomo è una passione e una fame. La misericordia di Dio è la sua essenza: il segno del suo mistero e della sua evidenza. Il Giubileo voluto da papa Francesco è un invito a scoprire i volti della misericordia, a domandarla, a viverla.
di Roberto Mussapi