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PENTAGRAMMA 173

A pochi compositori si addice più che a Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 circa-1594) il termine di “classico”; nessuno come lui ha saputo dominare la tecnica del contrappunto, con la quale ha costruito edifici di perfezione formale assoluta, al punto che una leggenda vuole che con la creazione della Missa Papae Marcelli sia stato proprio il maestro prenestino a salvare la musica sacra durante le infuocate sessioni del Concilio di Trento. Rigore delle proporzioni, nitore dei dettagli, esattezza infallibile degli snodi strutturali, una sprezzatura che dissimula la complessità con una scrittura trasparente, che asciuga la fluvialità del contrappunto fiammingo in frasi brevi, modellate nel marmo; il Princeps musicae, che ha ricoperto la carica di maestro di cappella presso le maggiori istituzioni musicali dell’epoca – da San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore, dalla Cappella Giulia alla Cappella Pontificia – raccoglie secoli di storia della musica e li distilla in un concentrato di sapienza ineguagliabile e ineguagliata. La Chiesa ha fatto di lui “il” modello della polifonia sacra, ma questo ha generato una schiera di epigoni che del maestro hanno finito per imitare gli stilemi senza raggiungerne mai la potenza.

Se a Roma, con Palestrina, l’architettura della musica è struttura, a Venezia è volume. Una città edificata sull’acqua non può che sviluppare un’arte tutta a sé; come la luce attraverso il colore modella le figure di Giorgione e Tiziano, così la musica nella Serenissima ha tonalità e riverberi altrove sconosciuti. I due Gabrieli, lo zio Andrea (1510 circa-1586) e il nipote Giovanni (1557 circa-1612), sono i compositori che nella seconda metà del Cinquecento disegnano uno stile unico e inconfondibile, al cui sviluppo concorre in modo essenziale lo spazio della basilica di San Marco, con la sua croce greca coronata da cinque cupole e un ricco sistema di balconate e cantorie.

Andrea disloca i gruppi corali in vari punti dell’edificio, ma le distanze non consentono contrappunti elaborati; ecco allora una scrittura antifonale, fatta di proposte e di risposte che si inseguono e sovrappongono sotto le volte. La musica piove dall’alto avvolgente, da distanze che cambiano in continuazione, secondo i principi di una tecnica (oggi alla base del dolby surround cinematografico) poi perfezionata da Giovanni, che moltiplica voci e cori; se a questo aggiungiamo che i Gabrieli, tra i primi, inseriscono accanto alle voci strumenti a fiato come tromboni e cornetti, il cui suono corrusco entra in vibrazione con gli ori dei mosaici, l’effetto è completo. Palestrina è la perfezione assoluta raggiunta da una tradizione, i Gabrieli l’invenzione di un’altra.

di Andrea Milanesi

(ha collaborato Alessandro Beltrami)