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Jørn Utzon. Ragione e sentimento

​Disegnata e costruita da Jørn Utzon (1918-2008) fra il 1967 e la metà degli anni Settanta, l’interesse della sorprendente chiesa luterana di Bagsvaerd, presso Copenaghen, risiede essenzialmente nella radicalità dell’invenzione planimetrica che stravolge i modelli tradizionali (recepiti anche dalla cultura moderna) che presentano essenzialmente una tipologia mono-volumetrica dell’insieme ecclesiale.
In questo progetto, l’architetto propone invece un impianto aggregativo con un disegno di corridoi-percorsi ben definiti nei loro tracciati ortogonali, che disimpegnano le differenti funzioni (aula assembleare, uffici, parrocchia, sale riunioni…) quasi si trattasse di una cittadella con attività fra loro separate. Il sistema rigido dei percorsi distributivi insiste con una forte geometria che ricorda il disegno degli isolati urbani novecenteschi o gli schemi funzionali propri delle organizzazioni industriali, dove vigeva una totale indipendenza fra la qualità dei percorsi “servienti” e le zone “servite”. Il linguaggio espressivo adottato da Utzon sottolinea la diversità delle componenti: di luce e di materiali oltre che di misura.
I corridoi-percorsi sono “strade” che vivono in funzione di una propria copertura vetrata, mentre le attività funzionali vengono inventate attraverso le sezioni trasversali, con soffitti ondulati che si presentano come “nuvole” realizzate in cemento bianco. Gli spazi interni così modellati hanno un forte valore plastico grazie al trattamento delle superfici continue e variabili, come lo erano state quelle di Alvar Aalto, di cui Jørn Utzon fu allievo.
È dal confronto stridente fra la razionalità dei tracciati distributivi disegnati con moduli prefabbricati in cemento (che esaltano il sistema trilitico dell’assemblaggio) e le grandi superfici dei soffitti ondulati, che l’architetto definisce un confronto – o se si preferisce un dialogo – fra due linguaggi architettonici diversi: razionale quello del tracciato distributivo, organico quello degli spazi serviti. La tensione spaziale che ne scaturisce gode del grande equilibrio delle fonti di luce naturale: diretta e zenitale quella dei percorsi geometrici, indiretta quella delle superfici ondulate di copertura.
La chiarezza di progetto riflette la chiarezza di pensiero dell’architetto, che indaga sistemi costruttivi ben distinti per l’involucro esterno – con elementi propri di un linguaggio tecnico-industriale – e per quello degli spazi interni – più attento a forme espressive artigianali. Una corretta lettura deve comunque registrare anche l’assenza di una relazione fra la configurazione adottata per gli spazi esterni e la sensibilità manifestata per gli spazi interni. Inoltre, la rinuncia a qualunque accenno a un’immagine iconica fa parte di quel radicalismo di pensiero compositivo proprio di Jørn Utzon che, paradossalmente, in altre circostanze ha saputo dare segni risultati poi distintivi del linguaggio moderno (Opera House di Sydney).
Ma, al di là di queste riserve, si riconosce l’intensità degli spazi nei quali si respira una serenità sacrale con le “nuvole” che si snodano senza interruzione di continuità, meravigliosamente sorrette dalla luce naturale.
In questi travagliati decenni, la chiesa di Bagsvaerd resta uno degli ambienti liturgici moderni più convincenti per l’ordine, la chiarezza e la semplicità che configurano l’immagine dello spazio. Ritornano alla mente taluni ambienti monastici che l’architettura moderna aveva dimenticato, la loro disarmante essenzialità, il rigore costruttivo come regola che si fa bellezza, la luce semplicemente come generatrice degli spazi che rispondono alla loro funzione.

di Mario Botta